Page 288 - Hrobat Virloget, Katja. 2021. V tišini spomina: "eksodus" in Istra. Koper, Trst: Založba Univerze na Primorskem in Založništvo tržaškega tiska
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mario

tellanza e unità». D’altro canto è possibile riscontrare una certa accetta-
zione del nuovo contesto sociale da parte degli immigrati provenienti dal-
le repubbliche meridionali dell’ex Jugoslavia, un’accettazione tuttavia per
lo più all’insegna di un «tutti uguali, tutti lavoratori», che non enfatizza
le differenze etniche, quanto piuttosto le (dis)parità nei rapporti di forza
all’interno della comunità operaia.

I confini simbolici conoscono più fasi nella società istriana, gran parte di
essi tuttavia viene costruita in base alla lunghezza o meglio al «primato»
della residenza sul luogo e sono legati alle fantasie di superiorità socia-
le (Elias e Scotson 1994). Sebbene l’elemento etnico della fase precedente
l’«esodo» venga soppiantato nella fase immediatamente successiva dall’e-
lemento nuovo del «primato» di residenza sul luogo, non è tuttavia possibi-
le affermare che l’etnicità scompaia completamente dal processo di costi-
tuzione delle comunità. Nel quadro del discorso orientalizzante rispetto
all’«altro» balcanico, l’etnicità resta difatti una importante «determinan-
te» dei gruppi. Il confine simbolico appare mobile: il gruppo che si insedia
per primo si sente superiore a quello che arriva dopo. Per primi ci sono
gli sloveni e gli italiani d’Istria, che richiamandosi alla propria autoctonia,
nella fattispecie all’autoctonia regionale, concepiscono come inferiori tut-
ti i nuovi arrivati. Il «noi» successivo è costituito dal gruppo formato dagli
italiani istriani dei centri urbani e dagli immigrati della prima ondata, pro-
venienti dall’immediato entroterra dell’Istria, dal Litorale in generale e da
Trieste e Gorizia. Costoro a loro volta concepiscono un «noi» in contrappo-
sizione a tutti coloro che vengono «da lì», ovvero a chi è immigrato in un
secondo momento da altre regioni della Slovenia e in gran numero. Questa
seconda compagine di immigrati non si insedia più in un contesto italiano,
bensì in un ambiente già slovenizzato. Intanto si forma un confine sociale
anche presso un’altra categoria etnica, quella italiana, scissa nuovamente
in «autoctoni» e immigrati. L’arrivo degli immigrati dalle altre repubbliche
dell’ex Jugoslavia fa sì che anche all’interno della categoria etnica italia-
na sia riscontrabile la storia di una quasi «cancellazione», simile al destino
che dopo la disgregazione della Jugoslavia colpì tanti altri immigrati, gli
«ultimi altri» della società istriana.

La pluralità di tante memorie collettive diverse e di confini sociali multi-
pli suggerisce che la società istriana sia una società di «stranieri l’un l’altro»
o meglio strangers either way, stranieri in ogni caso, per usare le parole con
cui Jasna Čapo Žmegač (2007) illustra i rapporti co-etnici tra la popolazio-
ne autoctona e la popolazione immigrata all’interno della società croata. O
anche una società nel segno di «stranieri in casa» come viene descritta la so-

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