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La letteratura migrante come diario

Alma Hafizi
Università «Luigj Gurakuqi» di Scutari, Albania

Emigrare significa scegliere il confronto con la propria terra che si allunga co-
me un’ombra. L’emigrazione è fonte della colpa e suo scagionamento, della
rabbia e sua negazione, della nostalgia e la voglia, della dimenticanza e ma-
linconia, delle contraddizioni e sua schizofrenia. In seguito alla mia prima ri-
flessione sulla letteratura migratoria degli scrittori albanesi in lingua italiana,
quale osmosi di memoria, identità e trasformazione, mi concentro in questo
breve saggio sul tema dello sguardo, al di là e al di qua del confine, trami-
te i romanzi diario degli emigranti albanesi in Italia. Gli emigranti soffrono
la sindrome di frontiera. Le fissano in modo supplicante ed esse rispondo-
no in modo avversivo. Loro lasciano la propria patria in cambio di una nuova
migliore, e invece si trovano respinti, indesiderati, non invitati. È un viaggio
lungo la metamorfosi del modo di essere osservati dal paese nativo a quello
di arrivo. La padronanza della lingua italiana, la conoscenza in dettagli della
realtà italiana e la sua imitazione, motivi di straniamento nel proprio paese,
non bastano per non lasciar perdere nemmeno un’occasione per ricordare
loro che sono stranieri nella nuova «patria», il telegiornale, in questura, per
strada, nelle istituzioni. Va e non torna, Senza bagagli, M, sono i romanzi che
vanno letti come il diario di emigrante, come un gancio tra la propria esisten-
za fisica e la memoria, uno specchio che aiuta l’emigrante a vivere la dinamica
della trasformazione con la massima sincerità e onestà, e possibilmente con
saggezza.
Parole chiave: emigrante, frontiera, letteratura, diario, osservazione

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