Page 142 - Hrobat Virloget, Katja, Kavrečič, Petra, eds. (2015). Il paesaggio immateriale del Carso. Založba Univerze na Primorskem, Koper.
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il paesaggio immateriale del carso

l'economia e l'agricoltura. Nel Carso la situazione politica influì molto sull'arte di scolpi-
re la pietra in quanto moltissimi scalpellini emigrano. L'emigrazione fu tremenda e la situ-
azione divenne ancora più difficile durante la seconda guerra mondiale perché molti scal-
pellini caddero nella lotta di liberazione nazionale o morirono internati. La recessione si
prolungò fino agli anni 50 del secolo scorso. Poi i vecchi maestri, su iniziativa delle auto-
rità locali, iniziarono ad aprire in modo cooperativo cave e laboratori di taglio della pi-
etra abbandonati. Con le proprie conoscenze, l'esperienza e le mani callose riuscirono
a riaprire aziende cooperative per la lavorazione della pietra. Fra le più importanti, che
operano ancora oggi, c'è la »Marmor« di Sežana. Alcune cave sono diventate di proprie-
tà privata e ci sono prospettive per una nuova riapertura di quelle abbandonate da tem-
po. Nel centro scolastico delle scuole superiori di Sežana, le nuove generazioni impara-
no oggi nel programma »La pietra al centro« (Središče kamen) le arti dei vecchi maestri
del taglio della pietra. Anche gli antichi segni non sono stati dimenticati e rappresentano
sempre di più una sfida nell'espressione artistica.

Conclusione

Quando ho fotografato nei villaggi carsici gli ingressi di pietra dei cortili, altri elementi del-
le case quali imposte, porte e facciate, ho chiesto spesso ai passanti se sapessero cosa
rappresentassero tutti quei segni e da dove provenissero. Del significato della svarica
nessuno ne sapeva praticamente niente, pochi invece sapevano che protegge la casa dai
fulmini. Alla domanda da dove derivassero questi nostri simboli carsici, ho ricevuto ris-
poste diverse. Quella classica e più frequente era: Così era un tempo e così doveva esse-
re prima (»Taku je blu uod an bot jn taku j moglu bet naprej!«). Ma anche la frase seguente a
Basovizza: Queste erano le usanze lasciate dai nostri nonni (»Tašne suo ble užance, ku suo
jh pestile naše nuonote!«). Ed un po' più astutamente: Si sa che i portali sono più belli con
tutti questi fiori che li arricchiscono (»E ja se vej, d suo prtuoni bl lepi s tismi ruožcami uod
bl t b`gateh!«). Secondo alcuni abitanti del Carso, invece, senza alcun imbarazzo: Tutto
questo lo hanno portato gli Uscocchi quando sono venuti a vivere nelle nostre terre (»Ja
use tu suo pej prnesli sz sabuo Uskoki, ku suo pršli žiut les u naše kraje!«). Solo più raramen-
te, e soprattutto dalla generazioni più giovani, ho sentito che si trattava di una supersti-
zione o di una credenza senza senso. E se chiedevo loro che significato avessero allora i
segni cristiani? La risposta era che non si potevano confrontare. E tuttavia il significato e
la funzione sono assolutamente gli stessi, perché i simboli cristiani come quelli dell'anti-
ca fede, proteggono da tutti i mali la casa, le persone, gli animali domestici ed i raccolti. I
nostri antenati non facevano differenza tra i primi ed i secondi. Credevano semplicemen-
te che quelle sculture magistrali potessero aiutarli.

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