Page 279 - Hrobat Virloget, Katja. 2021. V tišini spomina: "eksodus" in Istra. Koper, Trst: Založba Univerze na Primorskem in Založništvo tržaškega tiska
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Sommario

te duraturi nell’opinione pubblica più generale. Può darsi che il tentativo
più recente, occorso durante la stesura di questo libro, incontri maggiore
fortuna. Di istanze riappacificatrici abbonda anche la letteratura, soprat-
tutto tra gli scrittori istriani di origini slovene, croate o italiane. Questi
autori nelle proprie pagine ci restituiscono testimonianze della vita di co-
loro che sono rimasti, delle profonde insicurezze istigate dal fascismo, del
secondo conflitto mondiale e dell’ «esodo», narrano di comunità divise,
memorie lacerate, identità ibride, della perdita della lingua e dei luoghi
della memoria e dell’identità, della nuova società istriana . . . È proprio at-
traverso un romanzo che l’autore Milan Rakovac disvela quanto i discorsi
pubblici sloveno e croato non sono disposti ad ammettere: gli italiani d’I-
stria sono stati puniti con l’«esodo» per la a stento, se non mai riconosciuta,
violenza fascista e per l’inveterata presunta superiorità dei «civilizzati» sui
«barbari s’ciavi». Gran parte degli scrittori istriani tematizza la presunzio-
ne di superiorità della popolazione italiana in Istria, equiparata all’urbano
e civilizzato in contrapposizione al barbaro e rurale slavo. Gli studiosi ri-
marcano che tale attrito non va letto solo alla luce delle contrapposizioni
etniche, ma anche di quelle sociali e dei conflitti di classe, e in sostanza
ribadiscono l’infondatezza di tali radicate rappresentazioni, basate per lo
più su stereotipi. Spesso non trattata è, inoltre, l’influenza del fascismo sul
decremento degli elementi etnici sloveno e croato nelle aree urbane.

Tra i tentativi di pacificazione viene citato il monologo teatrale Magazzi-
no 18, che se da un lato rappresenta una sorta di riconoscimento nazionale
agli italiani che sono rimasti per le sofferenze da loro vissute, dall’altro è
stato accusato di revisionismo storico da ricercatori e studiosi. Univoco lo
sguardo al passato proposto anche da alcuni film che trattano i temi dolo-
rosi di queste terre di confine. Caratterizzati invece da uno spostamento
orientato all’ascolto dell’altro sono i testi che raccolgono le storie di vita
di istriani e le serate di storytelling. A eccezione del Museo Civico di Ro-
vinj/Rovigno (Croazia), contraddistinto da un’impostazione multicultura-
le, purtroppo anche gli istituti museali dell’Alto Adriatico perpetuano la
propria verità nazionale e riproducono inconsciamente la lotta antagoni-
sta per il controllo simbolico sul mare, contribuendo così a una mappatura
delle identità etnico-nazionali sul territorio (Ballinger 2006a).

A eccezione di alcuni tentativi di riconciliazione, ciascuna delle varie co-
munità dell’Alto Adriatico si trincera dietro la propria memoria collettiva,
fondata sulla netta dicotomia in bianco e nero tra vittime e carnefici. Così
ogni comunità etnica convive con la propria personale dolente verità, che
stride e cozza con la dolente verità dell’«altro», il che, invece di produrre

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