Page 10 - Studia Universitatis Hereditati, vol 7(2) (2019)
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dia universitatis her editati, letnik 7 (2019), številk a 2 10ri di vita”. Un critico e i suoi autori, prefato da El-suo atteggiamento non fu accademico o profes-
vio Guagnini, contiene i contributi presentati ad sorale, tanto meno supponente. Il suo era piutto-
hereditatiun incontro di studio che ha accompagnato l’a-sto l’atteggiamento dell’intellettuale umanista,
pertura della mostra documentaria dedicata allo di un uomo di grande apertura umana che consi-
studioso e a sua moglie, Enza Giammancheri, al- dera sia suo compito condividere le proprie cono-
lestita dall’Archivio dal 12 dicembre del 2013 al scenze, la vastità del pensiero, l’esperienza di ri-
31 gennaio del 2014 presso la Sala delle Esposizio- cerca e di studio con gli altri, specialmente con i
ni della Biblioteca Statale “Stelio Crise” di Trie- giovani. La mole di informazioni che mi trasmi-
ste. La mostra e l’incontro sono stati un dovero- se, i suggerimenti e i consigli che mi diede duran-
so omaggio all’uomo e allo studioso per il quale te quell’incontro sono stati determinanti per la
la letteratura era ragione di vita quotidiana. decisione che presi, di dedicarmi in seguito alla
comprensione e alla divulgazione di un’esperien-
Ho incontrato Bruno Maier oltre una trenti- za letteraria particolare e unica, quella degli Ita-
na d’anni fa. Il nostro incontro venne concorda- liani dell’Istria e di Fiume. A questa produzio-
to dalla professoressa emerita e scrittrice Nelida ne letteraria Maier aveva dedicato tante energie
Milani Kruljac. Allora ero una giovane assisten- in momenti cruciali per il destino della Comu-
te di letteratura italiana alle prime armi presso la nità Nazionale Italiana, quando si dava per scon-
neo fondata Italianistica dell’Università di Pola, tata l’estinzione di ogni valenza letteraria per la
e mai avrei osato contattare personalmente l’il- condizione politica e linguistica con cui la regio-
lustre accademico e studioso capodistriano che ne istro-quarnerina si confrontava nell’imme-
consideravo un mito per la sua straordinaria cul- diato secondo dopoguerra. Nell’Istro-quarneri-
tura ed erudizione, che avevo avuto modo di ve- no la tradizione italiana e il modello della lingua
rificare con la lettura dei suoi scritti e assistendo letteraria
alle conferenze che teneva spesso presso la Co-
munità di Pola con le quali, spaziando su vari /…/ si presentavano negli anni Sessanta, Set-
temi della letteratura italiana, si presentava nelle tanta e in parte anche Ottanta dello scorso
vesti di cordiale, meticoloso e affabile conversa- secolo come le uniche basi unificanti capa-
tore, di umanista e autentica guida culturale. Di- ci di offrire un sostegno alla coscienza na-
fatti, dopo il 1964, quando i rapporti tra Roma e zionale. /…/ Bruno Maier colse al volo quelle
Belgrado vennero migliorando e di conseguen- atmosfere e, grazie a lui, quella stagione con-
za migliorò anche la situazione delle comuni- serva intatti i suoi colori e le sue voci (Milani,
tà italiane in Istria, a Fiume e in Dalmazia, egli Dobran 2010, 614).
fu tra i primi ad attraversare il confine per tene-
re conferenze e partecipare a iniziative cultura- Nato a Capodistria ma riparato esule a
li promosse dall’Università Popolare di Trieste, Trieste nel 1948, Bruno Maier (Capodistria,
mai denotando atteggiamenti avversi ai “rima- 1922-Trieste, 2001) è sempre rimasto profonda-
sti”, bensì vedendo in essi il simbolo della seco- mente legato alle proprie radici: con Trieste, sua
lare presenza della civiltà italiana in quelle re- città d’adozione, l’Istria è stata la cifra della sua
gioni, pronto anche ad adoperarsi, con parole di vita. La scelta di abbandonare Capodistria non
civiltà e saggezza, per meglio conoscere l’Altro e fu facile né senza conseguenze, anche se per mo-
favorire contatti tra entità culturali e linguisti- tivi di studio e di lavoro si era già allontanato più
che diverse. Rimasi piacevolmente stupita per la volte dalla città natale per periodi più o meno
facilità con cui si rese subito disponibile. Mi ri- lunghi. Ma l’esodo a Trieste nel 1948 è stato un
cevette a casa, nel suo studio, e mi dedicò il suo distacco definitivo e doloroso dalla città natia,
tempo con la generosità, l’umiltà, l’affabilità, la anche se Maier lo ha vissuto in modo pacato, in
cordialità e signorilità che gli erano connaturate: armonia con la sua natura conciliante, come si
in quell’occasione, come in incontri successivi, il
vio Guagnini, contiene i contributi presentati ad sorale, tanto meno supponente. Il suo era piutto-
hereditatiun incontro di studio che ha accompagnato l’a-sto l’atteggiamento dell’intellettuale umanista,
pertura della mostra documentaria dedicata allo di un uomo di grande apertura umana che consi-
studioso e a sua moglie, Enza Giammancheri, al- dera sia suo compito condividere le proprie cono-
lestita dall’Archivio dal 12 dicembre del 2013 al scenze, la vastità del pensiero, l’esperienza di ri-
31 gennaio del 2014 presso la Sala delle Esposizio- cerca e di studio con gli altri, specialmente con i
ni della Biblioteca Statale “Stelio Crise” di Trie- giovani. La mole di informazioni che mi trasmi-
ste. La mostra e l’incontro sono stati un dovero- se, i suggerimenti e i consigli che mi diede duran-
so omaggio all’uomo e allo studioso per il quale te quell’incontro sono stati determinanti per la
la letteratura era ragione di vita quotidiana. decisione che presi, di dedicarmi in seguito alla
comprensione e alla divulgazione di un’esperien-
Ho incontrato Bruno Maier oltre una trenti- za letteraria particolare e unica, quella degli Ita-
na d’anni fa. Il nostro incontro venne concorda- liani dell’Istria e di Fiume. A questa produzio-
to dalla professoressa emerita e scrittrice Nelida ne letteraria Maier aveva dedicato tante energie
Milani Kruljac. Allora ero una giovane assisten- in momenti cruciali per il destino della Comu-
te di letteratura italiana alle prime armi presso la nità Nazionale Italiana, quando si dava per scon-
neo fondata Italianistica dell’Università di Pola, tata l’estinzione di ogni valenza letteraria per la
e mai avrei osato contattare personalmente l’il- condizione politica e linguistica con cui la regio-
lustre accademico e studioso capodistriano che ne istro-quarnerina si confrontava nell’imme-
consideravo un mito per la sua straordinaria cul- diato secondo dopoguerra. Nell’Istro-quarneri-
tura ed erudizione, che avevo avuto modo di ve- no la tradizione italiana e il modello della lingua
rificare con la lettura dei suoi scritti e assistendo letteraria
alle conferenze che teneva spesso presso la Co-
munità di Pola con le quali, spaziando su vari /…/ si presentavano negli anni Sessanta, Set-
temi della letteratura italiana, si presentava nelle tanta e in parte anche Ottanta dello scorso
vesti di cordiale, meticoloso e affabile conversa- secolo come le uniche basi unificanti capa-
tore, di umanista e autentica guida culturale. Di- ci di offrire un sostegno alla coscienza na-
fatti, dopo il 1964, quando i rapporti tra Roma e zionale. /…/ Bruno Maier colse al volo quelle
Belgrado vennero migliorando e di conseguen- atmosfere e, grazie a lui, quella stagione con-
za migliorò anche la situazione delle comuni- serva intatti i suoi colori e le sue voci (Milani,
tà italiane in Istria, a Fiume e in Dalmazia, egli Dobran 2010, 614).
fu tra i primi ad attraversare il confine per tene-
re conferenze e partecipare a iniziative cultura- Nato a Capodistria ma riparato esule a
li promosse dall’Università Popolare di Trieste, Trieste nel 1948, Bruno Maier (Capodistria,
mai denotando atteggiamenti avversi ai “rima- 1922-Trieste, 2001) è sempre rimasto profonda-
sti”, bensì vedendo in essi il simbolo della seco- mente legato alle proprie radici: con Trieste, sua
lare presenza della civiltà italiana in quelle re- città d’adozione, l’Istria è stata la cifra della sua
gioni, pronto anche ad adoperarsi, con parole di vita. La scelta di abbandonare Capodistria non
civiltà e saggezza, per meglio conoscere l’Altro e fu facile né senza conseguenze, anche se per mo-
favorire contatti tra entità culturali e linguisti- tivi di studio e di lavoro si era già allontanato più
che diverse. Rimasi piacevolmente stupita per la volte dalla città natale per periodi più o meno
facilità con cui si rese subito disponibile. Mi ri- lunghi. Ma l’esodo a Trieste nel 1948 è stato un
cevette a casa, nel suo studio, e mi dedicò il suo distacco definitivo e doloroso dalla città natia,
tempo con la generosità, l’umiltà, l’affabilità, la anche se Maier lo ha vissuto in modo pacato, in
cordialità e signorilità che gli erano connaturate: armonia con la sua natura conciliante, come si
in quell’occasione, come in incontri successivi, il