Page 121 - Panjek, Aleksander (2015). Paesaggio culturale e ambiente del Carso. L’uso delle risorse naturali in età moderna. Založba Univerze na Primorskem, Koper.
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senz’acqua: il treno a vapore in carso

profitti dalle azioni, mentre il comune si trovava a pagare tariffe senza riscontro in Euro-
pa. Tuttavia, ancora alla vigilia della prima guerra mondiale (1910) soltanto poco più della
metà degli edifici d’abitazione in città erano allacciati alla rete dell’acqua potabile, mentre
in periferia la percentuale scendeva al 10 % (Panjek, 2003, 703). In alcuni villaggi del Car-
so, come ad esempio a San Daniele e a Dane presso Divača, i nuovi pozzi comuni furo-
no realizzati appena nei primi anni del Novecento grazie all’appoggio regionale (Belingar,
2010; Belingar, 2011).

La costruzione della ferrovia Lubiana-Trieste ha dunque avuto un notevole impatto
sul rapporto tra la popolazione del Carso e il suo ambiente. La ferrovia era un elemen-
to estraneo sul quale gli abitanti non avevano un’influenza diretta – il tracciato della stra-
da ferrata era stato progettato dagli ingegneri, l’intero processo di costruzione era stato
invece diretto dal ministero austriaco. Ma la ferrovia li aveva comunque coinvolti diretta-
mente, in quanto aveva bisogno dell’accesso alle risorse naturali che sino ad allora aveva-
no utilizzato. Con il suo arrivo la destinazione d’uso della risorsa naturale cambiò. Con il
progetto di costruzione della strada ferrata, l’acqua – che sino ad allora era stata una ri-
sorsa rara, preziosa e più che necessaria per la vita e l’economia della popolazione loca-
le, alla quale poteva accedere liberamente, per quanto concesso dalla natura – divenne
un fattore strategico d’interesse statale, sempre indispensabile, ma in questo caso per il
funzionamento della ferrovia. Ciò comportò anche un diverso sfruttamento e la costru-
zione di bacini, pompe, torri e condutture, in breve tutto quello che sino ad allora la po-
polazione del territorio non aveva mai potuto permettersi.

Allo stesso tempo, a questo nuovo approccio all’utilizzo dell’acqua è legata anche
la questione della proprietà, ovvero il diritto di sfruttamento. A questo proposito sorse
una controversia tra gli abitanti del Carso, lo stato e le autorità locali. Poiché le sorgenti
idriche si trovavano sui fondi comuni, collettivi nel territorio di Santa Croce (e Aurisina),
gli abitanti di questo villaggio reclamavano il diritto ad accedervi. Lo stato e l’amministra-
zione delle ferrovie statali era consapevole di questo diritto e si impegnò di conseguen-
za, al fine di assumere la proprietà di tali risorse. L’amministrazione municipale di Trie-
ste, che aveva una partecipazione nella Società dell’Acquedotto di Aurisina, era chiamata
a stabilire un adeguato risarcimento all’atto del trasferimento della proprietà e del dirit-
to di sfruttamento dagli abitanti allo stato ovvero alle ferrovie statali. E a questo punto si
giunse al conflitto: gli abitanti di Santa Croce presentarono ricorso per il mancato rispet-
to della promessa, ossia la realizzazione di una conduttura aggiuntiva per il fabbisogno del
villaggio. Possiamo considerare questa controversia alla luce del confronto tra il regola-
tore, in questo caso lo stato, i fruitori delle risorse naturali, in questo caso gli abitanti di
Santa Croce, e l’ iniziativa pubblico-privata, per la quale costruire l’acquedotto di Trieste
era più importante che soddisfare l’esigenza, molto più limitata ma essenziale, di una fon-
te costante di acqua corrente per gli abitanti di Santa Croce. In altre parole, l’interesse di
un grande gruppo finanziario (la Società dell’Acquedotto di Aurisina e l’amministrazione
municipale di Trieste) superava di gran lunga per importanza le richieste giustificate di un
gruppo più piccolo, gli abitanti di Santa Croce, volte ad ottenere il risarcimento concor-
dato per la cessione del diritto di sfruttamento della risorsa e d’uso dei terreni comuni
con la motivazione che la il bene comune (»opera di pubblica necessità«) avesse la prio-
rità rispetto ai diritti di una comunità più piccola.

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