Page 115 - Hrobat Virloget, Katja, Kavrečič, Petra, eds. (2015). Il paesaggio immateriale del Carso. Založba Univerze na Primorskem, Koper.
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tradizione dei segni scolpiti sui portali e sulle colonne in pietra del carso

to (verži), cioé come scorressero nella pietra e quale fosse la variazione della loro durez-
za. Per capire queste proprietà il blocco di pietra più grande, se era di forma quadrata
veniva pulito in croce con acqua, ma pulito per lungo se era di forma rettangolare. In base
all'assorbimento dell'acqua dalla pietra veniva deciso dove si sarebbe iniziato a scalpellare
(in dialetto corgnalese špntat, in basovizzano štancat) ed in quale direzione sarebbe sta-
ta eseguita la cavità.

La terza regola riguardava la scrittura con l'acquirente del contratto relativo alla
commessa per la lavorazione del manufatto di pietra. Innanzitutto bisognava soddisfa-
re il desiderio del committente; le dimensioni della pietra, le decorazioni ed il suo uti-
lizzo. Non si definiva mai la qualità della pietra perché sarebbe estratta dalla cava che
era proprietà dello scalpellino. Una particolare cura era dedicata ai vari segni e modelli,
in particolar modo per i manufatti destinati ai portali e cornici d'ingresso nelle corti (pr-
tuone jn k`luonje za borjače) e sostegni di balconi (medjuone) delle case o nei monumenti
funebri. Per gli altri tipi di manufatti come orlature di pietra per le finestre (jrte z` wkna),
soglie lapidarie (dulenci), basi per pali per le spalliere o pergolati (baše),grondaie e cana-
li di scolo (guorne), scalini (škalini), paracarri di pietra (odrsniki), palchi per scansie (škaf-
ence) e simili, non si aveva una particolare attenzione riguardo ai segni. Talvolta per por-
tali d'ingresso di minore importanza delle stalle (štale) e dei fienili venivano incisi segni
diversi. Dai Čufar a Basovizza si è ancora conservato il tipo di accordo per i vari model-
li. Le espressioni erano queste: Bene, quali decorazioni desideri avere sul portale? Cri-
stiana o tradizionale? (»Ben, kašne štance čiješ jemet na prtuone? Krščanjsče al une po tra-
decjuni?«). La risposta era: Ma tutte e due! Al centro dell'architrave metti una croce, su
entrambe le colonne fai quei segni antichi (»Ma dej wbuje! Na sredo gurenca dej an križ,
na obej jrte pej narede une ta stare«). Allora lo scalpellino (štancar) un poco infastidito
chiedeva: Bene, ascolta, la croce è una sola, mentre i segni antichi sono molti ed ognu-
no ha il suo significato perché proteggono la casa, le persone e anche gli animali! Ora
quale sceglierai ? (Že skoraj malce nejevoljno vprašal: »Ben posluše, križ je samo aden, ma
uneh t stareh pej jh je duoste in vsak neke pomeni in varje uod hiše do ledi jn še žvale! Alo-
ra, kej buoš zbrou?«). Lo scalpellino allora indicava i modelli disegnati e se il committen-
te non sapeva a cosa servissero, glielo spiegava e gli consigliava dove inciderli. Poi c'e-
ra la spiegazione sul lavoro faticoso che lo attendeva che veniva rafforzata dalle parole
: Vedi, se solo una volta colpisco in un modo sbagliato, l'intero pezzo di pietra si rovina
(»Vara, ku če samo ankret slabo udarem, grje ceu kuos kamna u maloro!«). Seguiva una di-
scussione (snšaljenje) sul prezzo e la stretta di mano. Questo naturalmente non era tut-
to. In caso di ordini importanti si eseguiva un contratto scritto con la firma dal notaio,
dello scalpellino, dell'acquirente e dei testimoni o dei garanti. Poi lo scalpellino si met-
teva al lavoro. Un pezzo di tela con lo schizzo del modello già disegnato veniva appog-
giato sull'architrave (gurenc) e delicatamente cominciava a battere con un martelletto di
legno su uno scalpello sottile a punta lunga (špica) le linee. I più abili nel disegno riusci-
vano a fare figure abbastanza simmetriche. La superficie della pietra veniva poi lavorata
per definire i segni che sarebbero stati successivamente incisi (o scolpiti) con il raschiet-
to (rašina) solo in parte. Poi ripassavano con lo scalpello (škrpel) ottenendo così il bor-
do esterno delle figure. In seguito, con una tecnica precisa, incidevano segni e simboli.
Per questo impiegavano un altro strumento a punta (špica).

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