Page 86 - Hrobat Virloget, Katja, Kavrečič, Petra, eds. (2015). Il paesaggio immateriale del Carso. Založba Univerze na Primorskem, Koper.
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il paesaggio immateriale del carso
La baba, nell’insieme del mondo slavo è collegata col monte; i toponimi identificano par-
ti del corpo della baba con segmenti della montagna (Babin kolk, koleno, glava, zob, ecce-
tera, ovvero anca della baba, ginocchio, testa, dente) (Čausidis, 2008, 274–278). In una
tradizione carsica, ma diffusa pure in Liguria, quando un bambino cadeva al suolo diceva-
no che baciava la baba/la vecchia/maimunna »mocciosa« (Hrobat Virloget, 2013, 154), si
può dunque concludere che la baba non può essere altro che la terra o il paesaggio stes-
so. In certi luoghi le babe di pietra sono state inserite nella ritualità, caratterizzata a vol-
te da offerte votive (per esempio Velika planina, Golac in Čičerija, Posočje (Isontino), Ve-
lebit). I bambini del Carso, nella valle di Vipava (Vipacco), nella regione di Ilirska Bistrica,
nel Quarnero, ma pure dall’Italia alla Francia, venivano spaventati dai genitori con la mi-
naccia di passare davanti al monolito per baciare la baba /la vecchia / la vieille moccio-
sa, soffiarle sul posteriore, colpirla. Come propone Raymond Delavigne per la tradizio-
ne francese del bacio a la vieille all’ingresso di un determinato territorio, in queste usanze
si potrebbe riconoscere la traccia di un rito d’iniziazione (Delavigne, 1982, 422). La par-
ticolare minaccia destinata al mondo dell’infanzia per mezzo delle babe di pietra, inseri-
te nel paesaggio, ricorda forme simili di controllo sociale dei bambini che erano caratte-
ristiche anche per le pehtre babe (befane) in Slovenia, Austria e Germania (Smith, 2004);
pero da queste si differenziano perché tali specifiche tradizioni le collegano a distinti luo-
ghi del paesaggio, ovvero solo dal Quarnero, attraverso il Carso e la valle di Vipava fino
all’Italia settentrionale ed alla Bretagna (come finora è stato osservato). In questa speci-
fica tradizione si cela evidentemente la memoria di una mitica, arcaica vecchia, connessa
con una determinata parte del paesaggio (città, bosco, rilievo o zona incolta) ed è legata
ad un particolare rite de passage territoriale concomitante con la prima uscita dal »pro-
prio« territorio (Hrobat Virloget, 2013).
Conclusione
Le ricerche sulle tradizioni di Gropada hanno messo alla luce un altro ricco paesaggio mi-
tologico e mitico di una comunità di villaggio del Carso. Sebbene per ricchezza della tra-
dizione mitologica sul Carso risaltino ancora i paesaggi rurali di Lokev, Prelože e Rodik,
in quella di Gropada si possono riconoscere le principali caratteristiche della tradizione
mitica carsica legata al paesaggio. L’elemento più conosciuto per le sue proprietà curati-
ve è la quercia di Gropada, che rientra tra gli alberi oggetto di culto, di solito querce, la
potenza della quale viene attribuita anche alla sua posizione presso un trivio. A Gropada
è particolarmente interessante il simbolismo spaziale di usanze e tradizioni che riguarda-
no la morte, chiaramente simboleggiato nel paesaggio con le cosiddette soste dei morti
presso il punto Pri križu (Alla croce) e all’inizio del »percorso dei morti« presso i due tig-
li, anche questi conosciuti come alberi di culto slavi. Si tratta di una chiara dicotomia spa-
ziale che distingue chiaramente »il mondo dei morti« dal »mondo dei vivi«, e quest’ulti-
mo in tale modo viene reso anche più »sicuro«. A Gropada, ancora oggi, è vitale l’usanza
del grande falò di san Giovanni, dell’utilizzo di ghirlande ed altre piante per proteggere il
confine »domestico« dall’ingresso di forze pericolose, provenienti dall’aldilà. Le ricerche
sul campo hanno anche scoperto un monolito naturale detto della Madre (Mati, Matjušk),
una delle molte babe (vecchie) di pietra che sembrano essere un fondamentale elemen-
to mitico nei paesaggi rurali: possiamo ricordare a Rodik, o quella recentemente scoper-
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La baba, nell’insieme del mondo slavo è collegata col monte; i toponimi identificano par-
ti del corpo della baba con segmenti della montagna (Babin kolk, koleno, glava, zob, ecce-
tera, ovvero anca della baba, ginocchio, testa, dente) (Čausidis, 2008, 274–278). In una
tradizione carsica, ma diffusa pure in Liguria, quando un bambino cadeva al suolo diceva-
no che baciava la baba/la vecchia/maimunna »mocciosa« (Hrobat Virloget, 2013, 154), si
può dunque concludere che la baba non può essere altro che la terra o il paesaggio stes-
so. In certi luoghi le babe di pietra sono state inserite nella ritualità, caratterizzata a vol-
te da offerte votive (per esempio Velika planina, Golac in Čičerija, Posočje (Isontino), Ve-
lebit). I bambini del Carso, nella valle di Vipava (Vipacco), nella regione di Ilirska Bistrica,
nel Quarnero, ma pure dall’Italia alla Francia, venivano spaventati dai genitori con la mi-
naccia di passare davanti al monolito per baciare la baba /la vecchia / la vieille moccio-
sa, soffiarle sul posteriore, colpirla. Come propone Raymond Delavigne per la tradizio-
ne francese del bacio a la vieille all’ingresso di un determinato territorio, in queste usanze
si potrebbe riconoscere la traccia di un rito d’iniziazione (Delavigne, 1982, 422). La par-
ticolare minaccia destinata al mondo dell’infanzia per mezzo delle babe di pietra, inseri-
te nel paesaggio, ricorda forme simili di controllo sociale dei bambini che erano caratte-
ristiche anche per le pehtre babe (befane) in Slovenia, Austria e Germania (Smith, 2004);
pero da queste si differenziano perché tali specifiche tradizioni le collegano a distinti luo-
ghi del paesaggio, ovvero solo dal Quarnero, attraverso il Carso e la valle di Vipava fino
all’Italia settentrionale ed alla Bretagna (come finora è stato osservato). In questa speci-
fica tradizione si cela evidentemente la memoria di una mitica, arcaica vecchia, connessa
con una determinata parte del paesaggio (città, bosco, rilievo o zona incolta) ed è legata
ad un particolare rite de passage territoriale concomitante con la prima uscita dal »pro-
prio« territorio (Hrobat Virloget, 2013).
Conclusione
Le ricerche sulle tradizioni di Gropada hanno messo alla luce un altro ricco paesaggio mi-
tologico e mitico di una comunità di villaggio del Carso. Sebbene per ricchezza della tra-
dizione mitologica sul Carso risaltino ancora i paesaggi rurali di Lokev, Prelože e Rodik,
in quella di Gropada si possono riconoscere le principali caratteristiche della tradizione
mitica carsica legata al paesaggio. L’elemento più conosciuto per le sue proprietà curati-
ve è la quercia di Gropada, che rientra tra gli alberi oggetto di culto, di solito querce, la
potenza della quale viene attribuita anche alla sua posizione presso un trivio. A Gropada
è particolarmente interessante il simbolismo spaziale di usanze e tradizioni che riguarda-
no la morte, chiaramente simboleggiato nel paesaggio con le cosiddette soste dei morti
presso il punto Pri križu (Alla croce) e all’inizio del »percorso dei morti« presso i due tig-
li, anche questi conosciuti come alberi di culto slavi. Si tratta di una chiara dicotomia spa-
ziale che distingue chiaramente »il mondo dei morti« dal »mondo dei vivi«, e quest’ulti-
mo in tale modo viene reso anche più »sicuro«. A Gropada, ancora oggi, è vitale l’usanza
del grande falò di san Giovanni, dell’utilizzo di ghirlande ed altre piante per proteggere il
confine »domestico« dall’ingresso di forze pericolose, provenienti dall’aldilà. Le ricerche
sul campo hanno anche scoperto un monolito naturale detto della Madre (Mati, Matjušk),
una delle molte babe (vecchie) di pietra che sembrano essere un fondamentale elemen-
to mitico nei paesaggi rurali: possiamo ricordare a Rodik, o quella recentemente scoper-
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