Page 25 - Panjek, Aleksander (2015). Paesaggio culturale e ambiente del Carso. L’uso delle risorse naturali in età moderna. Založba Univerze na Primorskem, Koper.
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nuda roccia e le pietre. Non vi si vedono veri boschi, se non dietro Senožeče. I dintorni di
Duino sono del tutto spogli, soltanto a ridosso delle mura del borgo vi è un frutteto cin-
tato. Škocjan è collocato in cima a un colle di roccia nuda e terrificante. I viandanti nel de-
serto di pietra del Carso lottano con forza contro la bora. I borghi e i tabor (cente) sono
cinti da mura e non si vedono superfici coltivate di una certa estensione.

Valvasor dedicò un po’ d’attenzione anche agli abitanti del Carso e alle loro attivi-
tà economiche. Anche nella loro descrizione compaiono alcuni elementi che si sarebbe-
ro mantenuti nei secoli a venire, come per esempio la laboriosità.

I Carsolini [...] hanno una parlata e un modo di vestire particolari. Sono forti e la-
boriosi, ricercano il proprio sostentamento nei vigneti, in cui crescono i migliori vini,
come il prosecco, il moscatello e altre buone varietà, che esportano in terre lontane.
Il loro suolo è ovunque sassoso e quasi non vi si vede della terra, ma ciò nonostan-
te dà il miglior vino. Anche il bestiame, che ne allevano parecchio, fornisce loro ab-
bastanza cibo. Non hanno grano e mangiano un pane scialbo di grano macinato a
metà, simile a quello olandese. Portano in spalla per la regione otri pieni d’olio d’oli-
va e alle volte anche di vino, in particolare d’inverno. Anche se il portatore di questi
recipienti cade, essi non si rompono tanto facilmente perché gli otri sono fatti di un
intero caprone o montone.2 Ciò è reso necessario dal duro percorso in Carso, che è
spaventosamente aspro e sgradevole al cammino, essendo dappertutto sassoso.

Questa buona gente si aiuta e vive in modo davvero misero ed è molto contenta, se
ha un pezzo di lardo (che a causa del lavoro instancabile gli è facilmente digeribi-
le), di cipolla e di pane scialbo (oppure nero e grezzo di crusca). In alcuni luoghi sof-
frono anche una grande scarsità di legna e, soprattutto d’estate, d’acqua limpida.
Tale penuria non toglie però loro la buona forza fisica, poiché ciò nonostante sono
forti e sani. [...]

La loro lingua è piuttosto dura. In alcuni luoghi parlano in modo così indiscernibile,
che a malapena si comprendono, ma con parole carnioline [slovene], la cui pronun-
cia in certi posti varia molto.

Hanno grandi villaggi e case in gran parte di pietra, alcuni dei loro tetti sono rico-
perti di lastre di pietra. In poche case si trova un forno, ma solamente focolari.

In alcune località sono assai veloci e abili con le fionde, sicché il sasso che lanciano
con il laccio difficilmente fallisce il bersaglio. Quando viaggiano, come arma porta-
no in mano grandi e lunghe piccozze.

Per quanto riguarda il loro costume, camminano in braghe larghe e ampie di tela
grezza e grossa, che in basso non sono legate. Sopra portano delle camiciole corte
e in testa dei grandi berretti di feltro o più propriamente delle piccole cuffie, mentre
le donne portano dei fazzoletti bianchi, ma non così pieghettati o ripiegati come al-
trove. Gli uomini sono proprio ruvidi, selvaggi e spiacevoli d’aspetto, completamente
marroni dal sole, le donne sono invece qui e là belle bianche e piuttosto carine, ma
il costume le rovina molto e oscura lo splendore della loro naturale bellezza. [...] Gli
uomini non sopportano capelli in testa, per cui non portano nemmeno barbe lun-
ghe.3

2 In simili otri era trasportato anche il mercurio dalle miniere d’Idria, Valentinitsch, 1981.

3 Valvasor, 1689, II, LIII in VI, VIII; Rupel, Reisp, 1969, 73–74, 204.

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