Page 28 - Panjek, Aleksander (2015). Paesaggio culturale e ambiente del Carso. L’uso delle risorse naturali in età moderna. Založba Univerze na Primorskem, Koper.
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paesaggio culturale e ambiente del carso

cia già a fornire eccellenti marinari. Tutti poi e specialmente le contrade concorrono
la città co’ loro animali e guadagnano col trasporto delle merci dai magazini della
dogana, ed alle barche, e da questi luoghi ai magazini, e ne deriva loro sì gran pro-
fitto, che negligono alquanto l’agricoltura.

Nonostante le attività extra agricole, però, »l’agricoltura e l’economia rurale per
quanto permette uno sterile territorio, è in fiore […], si coltiva il coltivabile« e si forma-
vano nuovi terreni »per così dire tra le selci«. Destavano invece la preoccupazione di Pit-
toni le condizioni dei boschi e il modo in cui venivano sfruttati.

Li pocchi boschi, che esistono nel territorio di Trieste sono in mani di proprietari par-
ticolari, eccettuato il bosco farnedo. Questi si tagliano, e si estirpano senza ordine,
ed io credo, che questo dovrebbe essere un oggetto interessante, sopra il quale la
legislazione dovrebbe anche per incoraggiare la coltura de’ boschi, e per conservar-
li religiosamente, vegliare giacché in tale maniera minorarebbesi la veemenza de’
venti. Se i boschi sopra la cima de’ monti fossero stati conservati, Trieste non espe-
rimenterebbe gl’effetti perniciosi del furor della borea [bora] (Dorsi, 1989, 137–
185).

Tra gli elementi e i caratteri del paesaggio culturale a noi nuovi, il rapporto di Pitto-
ni attesta espressamente i saperi tradizionali nella costruzione degli edifici, accanto al già
noto metodo di costruzione con muri a secco e all’uso delle lastre di pietra per la coper-
tura dei tetti, che un secolo prima abbiamo incontrato in Valvasor. La prevalenza dei tetti
coperti di pietra nei villaggi dei dintorni di Trieste è espressione di benessere in contrasto
alle coperture di paglia del passato. Pittoni menziona anche l’allargamento delle superfi-
ci coltivabili attraverso il dissodamento e lo spietramento (che si riferisce però anche alle
pendici fliscioidi sotto il ciglione carsico). Secondo la sua opinione, a causa dell’eccessivo
sfruttamento e dell’assenza di controlli il processo di disboscamento avrebbe raggiunto
un livello preoccupante, le cime carsiche intorno a Trieste erano denudate e al ciò faceva
risalire la violenza con cui la bora si abbatteva sulla città.

Trieste creava molta domanda di legname, che raggiungeva anche zone più lontane
dalla città. Lo attesta il cesareo regio fiscale di Trieste Tomaso d’Ustia scrivendo nel 1760
che già in passato e anche allora »venivano, come vengono villani delle vicine giurisdizio-
ni [feudi del Carso] con legni da fuoco, e da lavoro, e per le vigne (AST, Intendenza, 190,
29–36). Nel 1775 il capitano distrettuale di Gorizia Giovanni Paolo Baselli riguardo ai red-
diti della popolazione del Carso scrisse che

coltivano ovviamente appezzamenti di terreno poco fertile; poiché dalla loro attivi-
tà non hanno un lavoro costante, né ricavano cibo sufficiente, sono costretti a vive-
re distillando carbone e allevando bestiame, che procura loro burro, formaggio e un
po’ di lana. [...] producono il burro e il formaggio di cui si rifornisce la provincia (Ca-
vazza et al. (ed.), Morelli, 2003, 175–177).

Come già gli abitanti di S. Daniele alla fine del Cinquecento, anche due secoli più
tardi molti abitanti del Carso, e non solo nelle più immediate vicinanze di Trieste, integra-
vano gli insufficienti proventi dell’agricoltura con fonti di reddito aggiuntive.

Infine, alcune descrizioni già più vicine all’impressione, testimonianze della perce-
zione del paesaggio. In una pagina del suo diario il conte Karl von Zinzendorf, altra figu-

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