Page 27 - Panjek, Aleksander (2015). Paesaggio culturale e ambiente del Carso. L’uso delle risorse naturali in età moderna. Založba Univerze na Primorskem, Koper.
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Reifenberg e del borgo fortificato di Štanjel. Nondimeno è possibile notare come le su-
perfici boschive appaiano più dei residui di bosco che boschi veri e propri. Il colle del ca-
stello di Reifenberg risulta parzialmente coltivato, davanti alla porta di Štanjel sono inve-
ce chiaramente visibili i muri che cingono la strada e un frutteto (carte 13 e 14).

Nella seconda metà del secolo due personaggi di rilievo del Settecento triestino at-
testano come lo sviluppo della città di Trieste, sostenuto dalla politica mercantilista au-
striaca, avesse ormai esteso i propri effetti anche al circondario. Lo sviluppo economi-
co e la crescita della popolazione urbana influivano sulle campagne circostanti attraverso
l’aumento della domanda di generi agricoli per l’alimentazione e con nuove opportunità
di lavoro. Dai loro scritti emerge chiaramente che si trattava di un’epoca dinamica, in cui
avvenivano mutamenti. In una relazione sull’agricoltura del territorio triestino del 1769,
Pasquale Ricci trattò anche il Carso.

Molta parte del terreno ha un fondo talmente pietroso, che appena produce una
rara erba, la quale non giunge mai al grado di fieno. [...] Mirabil cosa è vedere la
fatica, e la arte, con la quale i villani mettono a profitto ogni palmo di terreno su-
scettibile di coltura; qui nasce grano, là nasce vino, dove prima nascevano sassi di
macigno; e la terra che produce questo grano, e questo vino, è lavorata tutta con
i bracci delli uomini, perché lavorata non puol essere dalli animali, quotidianamen-
te si moltiplicano questi piccoli bracci di terreni pietrosi convertiti in campi (Lago,
1980, 499).

Qualche anno dopo in un Rapporto generale sullo stato della città e del suo territorio
indirizzato al governo (1786) Pietro Antonio Pittoni, responsabile della direzione di poli-
zia di Trieste fin dalla sua istituzione e buon conoscitore della realtà locale, forniva un’in-
teressante descrizione dell’agricoltura locale. Nel territorio comunale »le case de villa-
ni sono quasi tutte a muro secco: la qualità e forma delle pietre fa che sieno resistenti,
e gli abitanti del paese hanno un’arte particolare di ben costruirle«. Mentre in passato i
tetti erano quasi tutti di paglia, con la diffusione di »parte delle ricchezze« in campagna
le case dei villaggi e in particolare delle contrade erano ormai »quasi tutte coperte di la-
stre o coppi«, come erano pochissime le stalle in legno. »Nelle contrade, e specialmente
nelle Ville di Servola, di Santa Croce e di Prosecco fabbricate veggonsi moltissime case di
muro, che possono dirsi più signorili che di villani«. L’agricoltura era praticata in condizio-
ni difficili e la produzione era insufficiente.

Se si dà una occiata all’agricultura di Trieste sì penosa, perché la terra deve essere
o sostenuta con muraglie o forzata a forza di zappa e di batile a produrre; e se ri-
flettesi, che poco lavorar si possano questi terreni, ove non hanno che poco più d’un
palmo di fondo, che gl’ingrassi devono esser portati dagli uomini, non può esser che
un popolo industrioso, che la lavori. Questo non può dirsi povero, anzi, fra il mede-
simo vi sono molti ricchi, ma le ricchezze di questi tali non sono un risultato dell’a-
gricoltura, la quale fornir loro non potrebbe sussistenza sufficiente, bensì l’industria
particolare: le ville di Santa Croce, Contovello e Prosecco, come pure la costa adia-
cente, ove sono le contrade di Chiorbola e Gretta, si applicano alla pesca special-
mente della tonina [tonno]. Optschina e Trebich guadagna cò forspan [fornitura
di animali da tiro] e cariaggi, Basovizza e Gropada colla scavazione e condotta de’
carboni di terra. Servola colla pesca delle ostriche, con la cottura del pane, e comin-

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