Page 32 - Panjek, Aleksander (2015). Paesaggio culturale e ambiente del Carso. L’uso delle risorse naturali in età moderna. Založba Univerze na Primorskem, Koper.
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paesaggio culturale e ambiente del carso

Nella prima metà dell’Ottocento fanno la loro comparsa le prime guide turistiche
di Trieste e dintorni. Con esse appare un nuovo genere di descrizione del paesaggio del
Carso, di cui possono essere esempio il conte Girolamo Agapito (1823–1830) e lo storico
Pietro Kandler (1845). La terminologia usata da Agapito ha già accenti romantici. »La stra-
da da Lipizza a Corniale si compie in ¼ d’ora circa sempre per una pianura, tutta intorno
seminata di macigni e di sassi«. Più avanti la definisce anche »la petrosa pianura del Carso
la quale con la caratteristica inanimata nudità de’ contorni tempra lo spirito ad una pate-
tica contemplazione«. Diversi sono invece gli immediati dintorni di Corgnale, »un grosso
villaggio con 130 case e 800 abitanti, posto nel mezzo di amena pianura che co’ suoi colti
campi lo cinge d’una vaga corona di spiche.« Di nuovo, però, lungo la strada tra Opicina
(Opčine) e Prosecco l’occhio »non trova di che appagarsi nell’inamabile aspetto dell’alpe-
stre e deserto dintorno«. Dalle parti di Aurisina (Nabrežina) vede il

grottesco aspetto di tutto questo alpestre paese. […] Agli occhj del politico poi e
del filantropo questo petroso deserto sterile com’è in sé stesso e tutto seminato
d’ingenti masse di piccole schegge di sassi che si sfarinano e riducono in briciuoli,
ne’ frequenti tratti di poca terra coltivata in un campo che bene spesso non ha ma-
gior spazio di una camera presentando un raro esempio di laboriosa industria, tan-
to più sorprendente quanto che sempre contrastata dall’inclemenza di un clima il
più stravagante e dalla terribile violenza del vento di bora che sorge ugualmente fu-
rioso in tutte le stagioni, essi non possono che rendere a’ suoi poveri abitatori il tri-
buto di più giusta ammirazione (Agapito, 1972, 177, 197, 200).

Al paesaggio pietroso e sterile fanno da contrasto le aree coltivate nei pressi dei vil-
laggi, risultato della »laboriosa industria« della popolazione rurale, attestata già da Ko-
benzl nel 1606 e in quasi tutte le altre testimonianze fin qui riportate. Nonostante ciò,
però, Agapito dice anche come già nella prima metà dell’Ottocento i cittadini triestini si
recassero nella stagione estiva in villeggiatura in Carso (Basovizza – Bazovica, Corgnale)
alla ricerca di temperature più miti e di aria più salubre.

Almeno fino alla metà dell’Ottocento una costante nella percezione del Carso è
costituita dal fatto che esso era rappresentato come una terra non solo montuosa, ma
addirittura di montagna, che si rifletteva sia nelle descrizioni dell’ambiente naturale sia
nelle considerazioni in merito all’economia e alla vita sull’altipiano carsico. A metà Otto-
cento il Carso fu attraversato dalla linea ferroviaria Vienna–Trieste, che costituì un gran-
de intervento infrastrutturale nel territorio. La ferrovia influì sul Carso in diversi modi.
Divenne un nuovo elemento nel paesaggio, ne aumentò l’accessibilità e probabilmente
influenzò anche la percezione del paesaggio a causa della maggiore velocità di viaggio e
del nuovo punto di vista. Al contempo portò nelle campagne del Carso nuove opportu-
nità economiche e dinamiche sociali. Nel contesto della costruzione della ferrovia me-
ridionale fu effettuato anche il disegno »dal vero« che ne raffigura l’intero tracciato tra
Lubiana (Ljubljana) e Trieste (Weidmann, Varoni, 2004). Al passaggio dalla Carniola in-
teriore (Notranjska) al Carso si nota chiaramente come i boschi scompaiano, non si vede
più altro che ampie aree spoglie, disseminate di alberi e cespugli rari e contorti, per il re-
sto solo rocce e pietra. Si nota anche un nuovo elemento nel paesaggio, i grandi viadotti
ferroviari in pietra. Nella stessa pubblicazione del 1858, uscita in occasione dell’inaugura-
zione del tratto carsico della ferrovia, il paesaggio del Carso è descritto anche a parole.

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