Page 34 - Panjek, Aleksander (2015). Paesaggio culturale e ambiente del Carso. L’uso delle risorse naturali in età moderna. Založba Univerze na Primorskem, Koper.
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paesaggio culturale e ambiente del carso
Non ci sono dubbi riguardo al fatto che un tempo il Carso fosse ricoperto da foreste
e che solo in seguito ad una sconsiderata economia forestale sia divenuto come lo
vediamo oggi. Una parte di questo territorio è ancora ricoperto da foreste (Hrušica
e Škocjanski gozd) e gli abitanti più vecchi ricordano molti luoghi dell’altopiano che
un tempo erano ricoperti da vegetazione. Meritano quindi grande attenzione i ten-
tativi di rimboschimento del Carso (Weidmann, Varoni, 2004, 26–27)..
Effettivamente l’imboschimento del Carso, portatore di un grande mutamento pa-
esaggistico, stava iniziando proprio in quegli anni. Nel corso dell’Ottocento il Carso di-
venne oggetto di crescente attenzione scientifica a livello internazionale, in particolare
per le sue peculiarità geomorfologiche, tanto che diede il nome al carsismo, mentre i lo-
cali vocaboli sloveni vennero accolti dalla terminologia scientifica per definire i diversi ele-
menti del suo paesaggio fisico (es. dolina, polje). Pur non entrando nel campo della geo-
grafia fisica e della geologia, appare interessante verificare il modo in cui le acquisizioni
scientifiche andavano inserendosi nelle rappresentazioni del paesaggio del Carso. Alcu-
ni esempi si possono individuare nel già citato Weidmann, ma Carl von Czoernig può es-
sere l’autore giusto in questo senso: statistico e studioso, personalità di levatura nazio-
nale austriaca e buon conoscitore della storia e della geografia goriziana, impegnato tra
l’altro nel fare della cittadina isontina la »Nizza austriaca«, scrivendo anche un’opera pub-
blicata a tal fine. Vediamo quindi l’immagine del paesaggio del Carso fornita da Czoernig
nel 1873, in cui sono evidenti i nuovi modelli e interpretazioni, insieme a elementi e to-
pos narrativi già noti.
L’altopiano carsico è noto in tutto il mondo non tanto per le rarissime coltivazioni e
per le anfrattuosità della superficie, quanto per le meraviglie sotterranee, le grotte
e gli invisibili corsi d’acqua. […] Ha l’aspetto di un mare di pietra formatosi all’im-
provviso dove le vette arrotondate e formanti catene rappresentano le onde irrigi-
dite, le doline e i bacini infossati gli abissi marini. Blocchi di roccia si alternano a in-
numerevoli frammenti di pietra dagli spigoli acuti, formatisi per decomposizione,
tra i quali si insinua qualche cespuglio intristito, mentre nelle parti infossate, protet-
te contro il rigido vento di levante, l’assiduo lavoro umano ha creato artificialmente
piccole oasi di terreno coltivabile. Eppure a suo tempo l’intero Carso era ombreg-
giato da folte foreste di querce, come si può ancora argomentare dal bel querceto
nel cintato allevamento di cavalli di Lipizza presso Trieste. Ma l’irrazionale disbo-
scamento nel passato impedì il sorgere di una nuova vegetazione, dato il dominio
violento della bora. […] Nonostante la sua generalmente scarsa fertilità e la quasi
completa mancanza d’acqua vi si trovano numerose località. D’altro canto l’espe-
rienza insegna che anche oggi il Carso si coprirebbe presto di bosco se le aree co-
perte di miseri alberelli venissero cintate e protette contro il bestiame al pascolo4.
Ritroviamo le onde del mare di pietra, le pietre e la bora come fenomeni natura-
li caratteristici, la mancanza d’acqua e di terra e le doline lavorate, ma anche l’interpre-
tazione secondo la quale la nudità del Carso fosse il risultato di (sconsiderati) interventi
umani nel passato. Dalla fine dell’Ottocento, oltre alle fonti scritte e iconografiche, si di-
4 »Recentemente però il rimboschimento del Carso è stato attivato dal governo (e dal comune di
Trieste). […] Nel 1871 si contavano nei vivai centrali 10.479.293 piante da 1 a 3 anni, in parte conifere,
in parte latifoglie con 300.000 alberi da frutto«, Czoernig, 1969, 28–29, 32.
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Non ci sono dubbi riguardo al fatto che un tempo il Carso fosse ricoperto da foreste
e che solo in seguito ad una sconsiderata economia forestale sia divenuto come lo
vediamo oggi. Una parte di questo territorio è ancora ricoperto da foreste (Hrušica
e Škocjanski gozd) e gli abitanti più vecchi ricordano molti luoghi dell’altopiano che
un tempo erano ricoperti da vegetazione. Meritano quindi grande attenzione i ten-
tativi di rimboschimento del Carso (Weidmann, Varoni, 2004, 26–27)..
Effettivamente l’imboschimento del Carso, portatore di un grande mutamento pa-
esaggistico, stava iniziando proprio in quegli anni. Nel corso dell’Ottocento il Carso di-
venne oggetto di crescente attenzione scientifica a livello internazionale, in particolare
per le sue peculiarità geomorfologiche, tanto che diede il nome al carsismo, mentre i lo-
cali vocaboli sloveni vennero accolti dalla terminologia scientifica per definire i diversi ele-
menti del suo paesaggio fisico (es. dolina, polje). Pur non entrando nel campo della geo-
grafia fisica e della geologia, appare interessante verificare il modo in cui le acquisizioni
scientifiche andavano inserendosi nelle rappresentazioni del paesaggio del Carso. Alcu-
ni esempi si possono individuare nel già citato Weidmann, ma Carl von Czoernig può es-
sere l’autore giusto in questo senso: statistico e studioso, personalità di levatura nazio-
nale austriaca e buon conoscitore della storia e della geografia goriziana, impegnato tra
l’altro nel fare della cittadina isontina la »Nizza austriaca«, scrivendo anche un’opera pub-
blicata a tal fine. Vediamo quindi l’immagine del paesaggio del Carso fornita da Czoernig
nel 1873, in cui sono evidenti i nuovi modelli e interpretazioni, insieme a elementi e to-
pos narrativi già noti.
L’altopiano carsico è noto in tutto il mondo non tanto per le rarissime coltivazioni e
per le anfrattuosità della superficie, quanto per le meraviglie sotterranee, le grotte
e gli invisibili corsi d’acqua. […] Ha l’aspetto di un mare di pietra formatosi all’im-
provviso dove le vette arrotondate e formanti catene rappresentano le onde irrigi-
dite, le doline e i bacini infossati gli abissi marini. Blocchi di roccia si alternano a in-
numerevoli frammenti di pietra dagli spigoli acuti, formatisi per decomposizione,
tra i quali si insinua qualche cespuglio intristito, mentre nelle parti infossate, protet-
te contro il rigido vento di levante, l’assiduo lavoro umano ha creato artificialmente
piccole oasi di terreno coltivabile. Eppure a suo tempo l’intero Carso era ombreg-
giato da folte foreste di querce, come si può ancora argomentare dal bel querceto
nel cintato allevamento di cavalli di Lipizza presso Trieste. Ma l’irrazionale disbo-
scamento nel passato impedì il sorgere di una nuova vegetazione, dato il dominio
violento della bora. […] Nonostante la sua generalmente scarsa fertilità e la quasi
completa mancanza d’acqua vi si trovano numerose località. D’altro canto l’espe-
rienza insegna che anche oggi il Carso si coprirebbe presto di bosco se le aree co-
perte di miseri alberelli venissero cintate e protette contro il bestiame al pascolo4.
Ritroviamo le onde del mare di pietra, le pietre e la bora come fenomeni natura-
li caratteristici, la mancanza d’acqua e di terra e le doline lavorate, ma anche l’interpre-
tazione secondo la quale la nudità del Carso fosse il risultato di (sconsiderati) interventi
umani nel passato. Dalla fine dell’Ottocento, oltre alle fonti scritte e iconografiche, si di-
4 »Recentemente però il rimboschimento del Carso è stato attivato dal governo (e dal comune di
Trieste). […] Nel 1871 si contavano nei vivai centrali 10.479.293 piante da 1 a 3 anni, in parte conifere,
in parte latifoglie con 300.000 alberi da frutto«, Czoernig, 1969, 28–29, 32.
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