Page 37 - Panjek, Aleksander (2015). Paesaggio culturale e ambiente del Carso. L’uso delle risorse naturali in età moderna. Založba Univerze na Primorskem, Koper.
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nuova è la ricorrente presenza dei licheni e del ginepro. In altri passaggi si riscontra il la-
voro nei campi e nei vigneti. Il »carso« di Slataper ha l’iniziale minuscola perché non è in-
teso come toponimo o coronimo, ma come tipo di paesaggio, naturale, umano e sim-
bolico7. Tuttavia, il Carso di cui parla è quello più prossimo a Trieste, dove l’intervento
di rimboschimento con il pino nero è stato particolarmente intenso a quell’epoca, come
avremo modo di vedere. Il pino stava diventando un nuovo elemento caratterizzante del
paesaggio, e Slataper lo percepì. Da questo punto di vista è interessante l’interpretazio-
ne del rimboschimento come intervento di origine urbana e italiana a danno dell’econo-
mia pastorale dell’altipiano, praticata dalla popolazione rurale slovena. L’incitamento di
Slataper al pastore di appiccare il fuoco ai pini è invece tutt’altro che una licenza poetica:
gli incendi, almeno in parte dolosi, delle piantagioni, si susseguirono effettivamente per
diversi anni tra la fine dell’Ottocento e il primo Novecento, come espressione della resi-
stenza di chi si vedeva privato dei pascoli.

Appare quindi tanto più interessante il confronto con il discorso, pressoché con-
temporaneo, di Srečko Kosovel (1904–1924) di Sesana ovvero Tomaj (Kosovel, Milič,
2000), nell’area a più spiccata vocazione agricola del Carso. Anche in Kosovel il pino nero
già costituisce un tema ricorrente, uno degli elementi caratteristici del suo paesaggio po-
etico in tema carsico. Gli esempi sono alquanto numerosi, nelle poesie Autunno, Parole
semplici, Lirica, Canto carsico, Villaggio del Carso, Pini, Villaggio dietro i pini, Ho visto cresce-
re i pini. Il pino non vi riveste però una valenza simbolica che riguardi esplicitamente la
contrapposizione nazionale e socioeconomica tra italiani e sloveni, città e campagna, ma
è piuttosto un elemento del paesaggio e un simbolo del sentire poetico, che può, inve-
ro, anche essere legato alla congiuntura politica, ma in senso più ampio. Anche in Koso-
vel compaiono gli incendi delle nuove piantagioni, che sono però metafora delle tensio-
ni e dei contrasti in atto nel periodo tra la fine della monarchia asburgica, la prima guerra
mondiale e l’avvento dell’Italia, ben presto fascista al confine orientale. Il paesaggio carsi-
co assume inoltre, a tratti, una valenza di contrasto tra la dimensione rurale e quella ur-
bana, come in Slataper. E, come Slataper, anche Kosovel ama il Carso.

Nel buio ululano le pergole – la bora scala i muri, batte a una finestra: »Chi?« […]
In fondo al villaggio un pino stormisce – sussulta riconoscendomi... I tetti scoscesi
nell’ombra dormono; di paglia, di pietra, tutti tetri, a fronte bassa.

Pini, pini in cheto orrore, pini, pini in muto orrore, pini, pini […]! Pini, Pini, tetri pini,
come guardie sotto il monte, lungo la landa petrosa gravi e stanchi sussurrate.

Ho visto crescere i pini verso il cielo. Stoici, sereni attraverso fuochi solari. E ho visto
già l’incendio che li brucerà […] i pini sussurrano. (Con chi parlano?) Li ho visti, co-
lonne ardenti, salire in cielo... Il mio corpo si è fatto cenere (Kosovel, Milič, 2000).

Gli altri elementi del paesaggio presenti nella lirica di Kosovel dedicata al Carso, che
caratterizza il primo periodo del poeta, sono le doline e i campi (»il sereno paesaggio so-
pra la verde e quieta dolina, mi sembra di vedere le rocce e i pini che le fanno la guardia«;
»sussurrano le brezze nei campi, lievi ondeggiano le erbe e il sole irradia la dolina«; »le

7 La dimensione simbolica dell’opera (si veda alle note precedenti) è indubbiamente ben più ampia del
tema qui trattato. Ad ogni modo una delle chiavi di lettura de Il mio carso va individuata nell’affermazione
»Tu sei malato d’anemia celebrale, povero sangue italiano, e il tuo carso non rigenera più la tua città«
(corsivo di chi scrive), (Slataper, Guagnini, 2003, 44).

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