Page 102 - Panjek, Aleksander (2015). Paesaggio culturale e ambiente del Carso. L’uso delle risorse naturali in età moderna. Založba Univerze na Primorskem, Koper.
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paesaggio culturale e ambiente del carso

alterne e almeno per tre volte, precisamente nell’età del rame e in quella del bronzo, si
attesta su un livello così basso da ricalcare la situazione riscontrabile agli inizi dell’età mo-
derna. Ciò significa che non era la prima volta che in Carso le querce erano così scarse
come in età moderna.

La più modesta estensione delle querce verso la fine dell’età della pietra e nell’età
del bronzo concorda con alcune interpretazioni che si completano a vicenda nel contri-
buire a dimostrare che il Carso nella preistoria non era coperto da ampi boschi e che
essi erano stati dissodati. Per il periodo della tarda preistoria è già stato proposto uno
scenario che »indica un utilizzo agricolo e pastorale a fronte di un’intensa colonizzazio-
ne interna, che si impadronisce di tutte le più importanti nicchie di buona terra e proba-
bilmente causa una notevole deforestazione della regione carsica« (Slapšak, 1999, 162).
E proprio nel periodo dei castellieri è possibile identificare in Carso le tracce di pratiche
che prevedevano »l’incendio della vegetazione« e dei boschi e la rimozione dei ceppi con
l’intento di aumentare e migliorare le superfici adibite a pascolo (Fabec, 2012, 52–53). Pa-
rallelamente la sedimentazione di Podmol presso Kastelec (Hrpelje), che copre un las-
so di tempo che va dal Neolitico all’antichità classica, può essere spiegata »solo con forti
processi erosivi che depositavano granelli di terra e con fattori antropogenici« e segna-
tamente con la lavorazione della terra per la coltivazione, dato che il suolo nudo è più
facilmente sottoposto all’erosione della bora rispetto a uno »spazio erboso o boscato«
(Turk et. al., 1993, 55–56).

In particolare il carbone di legna […] dimostra come durante tutto il periodo dell’in-
sediamento qui prosperasse un bosco chiaro di querce (rovere, frassino, acero, car-
pine nero e anche qualche faggio) nonché la vegetazione tipica dei terreni pascola-
tivi (sorbo, corniolo, ciliegio canino e prugnolo). Un simile bosco non assomiglia per
nulla a quello primario »inviolato«. Quest’osservazione è completata anche da al-
tri accertamenti […] che rivelano come fosse l’allevamento e non la caccia la prin-
cipale fonte di sostentamento degli abitanti di quel periodo: sulla loro tavola erano
più frequenti le carni di pecora, di bovino e maiale. Poiché gli animali da pascolo, al
pari della fauna selvatica e ancor più dell’uomo, hanno un’incidenza negativa sulla
vegetazione, si può legittimamente parlare d’influenza antropica e zoogena sul bo-
sco. […] Ne risulta, dunque, che per composizione arborea il bosco di allora era più
o meno simile a quello odierno, che è anch’esso tipicamente pascolativo, antropico
e zoogeno (Turk et al., 1993, 70).

I risultati degli scavi nella grotta Mala Triglavca presso Divača hanno rivelato che
in Carso nel Neolitico l’allevamento era indirizzato anche alla produzione del latte e
dei prodotti caseari (Budja et al., 2013). Per quanto riguarda invece l’analisi condotta nel
Viktorjev spodmol della valle di Vreme (Vremska dolina), essa »consente di concludere
che esisteva un bosco misto di querce che dopo il Mesolitico si è trasformato in una bo-
scaglia notevolmente sfoltita e degradata di pascoli in via d’imboschimento. Non c’è trac-
cia di faggi. Il bosco di querce può essere collocato agli inizi o alla fine del primo Oloce-
ne« (Turk, 2004, 209).

È interessante notare che la quercia conobbe una notevole espansione nel perio-
do romano. In quei tempi Plinio, quando scriveva del castellum Pucinum che si trovava sul
territorio del Carso tra la foce del Timavo e il golfo di Trieste, nel primo secolo della no-

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