Page 104 - Panjek, Aleksander (2015). Paesaggio culturale e ambiente del Carso. L’uso delle risorse naturali in età moderna. Založba Univerze na Primorskem, Koper.
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paesaggio culturale e ambiente del carso

del Carso e dei Brkini, nella misura in cui appartenevano al numerus38 triestino. Per le no-
stre finalità sono rilevanti l’assetto naturale e le forme d’uso dell’ambiente citate nel do-
cumento.

Prese i nostri boschi, da cui i nostri avi traevano l’erbatico e il glandatico. […] Inoltre
insediò gli Slavi sulle nostre terre. Essi arano le nostre terre e i nostri ronchi, falcia-
no i nostri prati, pascolano i nostri pascoli […]. Questi boschi e pascoli, di cui dite,
io pensavo che da parte del signor imperatore dovessero essere pubblici.39

Anche in pieno alto medioevo, oltre ai coltivi, si vedono quindi boschi nei quali pa-
scolano bovini, pecore e maiali, e poi terreni dissodati, pascoli e prati. A questo proposi-
to è ugualmente rilevante l’informazione che questi tipi d’uso dell’ambiente erano impie-
gati dagli Slavi, quanto il fatto che si faceva lo stesso già in precedenza.

Tra l’alto medioevo e la prima età moderna la quercia ebbe un’ampia e molto rapida
diffusione, per poi ridursi di nuovo, progressivamente, sino alla piuttosto limitata esten-
sione preesistente. Contemporaneamente all’espansione della quercia ci fu una contra-
zione del grano e quindi dell’agricoltura (Culiberg, 2008, 100). Avanzando una congettu-
ra, potremmo ricercare la causa di entrambi i fenomeni nella peste nera, l’epidemia che
a metà Trecento falcidiò la popolazione europea, la quale sarebbe tornata ai livelli prece-
denti verso gli inizi dell’età moderna.

Ma come le altre aree di confine delle regioni slovene e quelle contigue, anche il
Carso entrò nell’età moderna in uno stato di crisi demografica ed economica, conse-
guenza del succedersi di epidemie di peste e di decenni di reiterate incursioni turchesche
(Štih, Simoniti, 2009, 207–208). Nella loro ultima scorreria del 1499, i »turchi« avrebbe-
ro lasciato dietro di sé 132 villaggi incendiati o depredati nella pianura friulana e oltre 60
»fra monti presso Gorizia e sopra le alture del Carso«.40 Che all’inizio del Cinquecento
le condizioni di vita fossero molto difficili e l’agricoltura in »estrema decadenza« proprio
a causa delle incursioni turchesche, della peste e della conseguente mancanza di braccia
per lavorare le campagne spogliate e desolate, fu affermato con decisione anche dal Del-
la Bona. Le devastazioni avrebbero causato anche moti di protesta tra la popolazione ru-
rale e »specialmente quelli del Carso erano nel massimo movimento, […] si dolevano
della loro situazione e reclamavano e assordavano le autorità di continuo, talché fu uopo
ricorrere alla forza armata per ridurli alla ragione« (Della Bona, 2003, 70–72). Così in al-
cune signorie del Carso e nelle sue immediate vicinanze (Duino, Senožeče, Prem, Vipa-
va) le aziende agricole vuote erano intorno al 30% (Štih, Simoniti 2009, 207). A quel tem-
po sulle terre abbandonate (pustote) del Carso cresceva l’erba e pascolava il bestiame.

L’immagine di desolazione che traspare dagli urbari carsici intorno all’anno 1500 è
veramente terribile. Interi villaggi deserti e vuoti, campi incolti. Di alcuni villaggi co-
nosciamo il nome, ma di essi oggi non ci sono più tracce neppure nella tradizione

38 Sula concetto di »Istria«, che nell’antichità e nell’alto medioevo comprendeva anche il Carso’ i Brkini e la

Carniola interna (Notranjska), si veda Kos, 1985, 164. Sull’ambito territoriale interessato dal placito Ple-
terski, 2005, e Žitko, 2005; sulle attività economiche in esso rappresentate invece Mihelič, 2005.

39 Traduzione di chi scrive dalla trascrizione dell’originale latino come riportata in Krahwinkler 2004, 74, 79.
Riguardo all’interpretazione delle terre dell’imperatore come spazi a uso pubblico si vedano Kos, 1985,
324, e Žitko, 2005, 157–158.

40 Antonini 1865, 258, che cita Malipiero, 1843, che però non menziona i villaggi presso Gorizia e in Carso.

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