Page 105 - Panjek, Aleksander (2015). Paesaggio culturale e ambiente del Carso. L’uso delle risorse naturali in età moderna. Založba Univerze na Primorskem, Koper.
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senza bosco: la savana in carso

orale. In numerosi villaggi oltre la metà dei masi sono rimasti abbandonati e […]
in godimento dei vicini. Non sono rari i casi in cui un contadino, oltre alla sua terra,
possiede anche due o tre masi disabitati, se non altro in cambio dei tributi per l’er-
ba che falciava sulle pustote (Kos, 1952, 236).

Trascorse circa mezzo secolo prima che nel vicino Goriziano si facessero evidenti
tanto un’aumentata attività agricola, con la coltivazione di terreni prima abbandonati e di
coltivi nuovi, dissodati sulle terre comuni, quanto una vivace ripresa demografica (Panjek,
2015). Nello stesso periodo anche in Carso era possibile percepire un incremento dell’at-
tività. Nel 1524 nell’urbario della signoria di Schwarzenegg, che si estendeva tra il Carso
di Sesana e i Brkini, sono elencati complessivamente 179 masi, dei quali 21 erano anco-
ra disabitati (il 12 %). Esattamente cinquant’anni più tardi, l’urbario del 1574 ne riportava
212 e nessuno era più indicato come incolto.41 Questo significa che nel frattempo il nu-
mero di tutte le unità colturali era aumentato di un terzo e ne erano sorte quasi un quin-
to di nuove. Come attestato dall’esempio di Corgnale, che è particolarmente dinamico,
in quel periodo non solo tutte le aziende agricole erano occupate (quindi i campi erano
lavorati e i pascoli in uso), ma i masi si stavano già frazionando e i loro proprietari si era-
no procurati ulteriori appezzamenti coltivabili sulle terre comuni, e precisamente nove
orti e una vigna nonché altri campi per complessive dieci giornate (circa 3,5 ha).42 Con il
dissodamento della landa carsica sorsero anche numerose nuove piccole aziende, le co-
siddette kajže. Se nel 1524 a Corgnale erano registrati »soltanto« nove sottani (Untersas-
sen, Cova, 2008, 137), nel 1574 vi sono rilevate già 29 kajže, alcune dei quali, ovviamente,
»oltre alla capanna, possedevano anche terreni oppure orti nella landa carsica« e preci-
samente oltre 2 giornate di campi e addirittura 36 orti (Umek, 1987, 63–64). Nello stes-
so periodo anche nella signoria di Duino sono elencati, accanto ai masi e alle loro parti,
pure le kajže e i sottani. Ad esempio nella comunità di Sgonico nel 1570 si contarono 24
masi e 5 kajže (Panjek, 1997, 48). Verso la fine del secolo nell’urbario delle decime di Du-
ino (1588–1595) è esplicitamente citato »Marco Peruza« che, appropriatosi di un prato
comunale nella comunità di Brestovica, »lo cinge con un muro di pietra e lo mette a col-
tura« (Luchitta, 2005, 22).

Il processo di allestimento di nuovi campi e prati a scapito della landa carsica pro-
seguì anche nel Seicento e nel Settecento secolo, il che vale tanto per le aziende agricole
nuove quanto per quelle esistenti, che nel frattempo si erano frammentate in più nuclei
familiari. Abbiamo menzionato questo processo già nel capitolo precedente, pertanto i
suoi effetti da un punto di vista paesaggistico ci sono già noti: col tempo le terre comuni
furono sempre più densamente disseminate di una sorta di oasi coltivate dalla forma cir-
colare e circondate da muri di pietra. Così, ad esempio, nel 1758 nella zona di Brestovi-
ca non c’era praticamente contadino che non avesse in affitto qualche appezzamento dei
terreni collettivi (Luchitta, 2005, 22). A San Pelagio (Šempolaj), nella redazione del cata-
sto franceschino questa situazione è ben illustrata quando si parla dei pascoli e dei prati
»nel corpo di quali si trovano varie particelle di terreno arativo semplice e vitato, in for-
ma di bacino, volgarmente dette doline, alcune più, ed altre di minore profonda superfi-
cie« (AST, CF, Šempolaj, S5). In ogni caso va tenuto conto del fatto che le terre comuni

41 I dati alla base di questi calcoli sono tratti da Cova, 2009, 135, 138. Si veda anche Umek, 1987.

42 I dati alla base di questi calcoli sono tratti da Umek, 1987, 63.

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