Page 109 - Panjek, Aleksander (2015). Paesaggio culturale e ambiente del Carso. L’uso delle risorse naturali in età moderna. Založba Univerze na Primorskem, Koper.
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senza bosco: la savana in carso

43). Nondimeno nel 1780 l’ingegner Hermann menziona ancora le capre in Carso (Shaw,
2000, 79). Intorno al 1830 nel catasto franceschino in tutto il Carso non fu registrata una
sola capra. Nel 1873 l’autore di uno studio sui boschi e sul rimboschimento nel Litorale
austriaco scrisse che nell’area più ampia del Carso (anche al di fuori del Carso classico)
non c’erano capre, bensì che ne possedevano solo nelle comunità dei Cici e a Pinguente
(Buzet) (Scharnaggl, 2008, 95), quindi già in territorio istriano. Possiamo interpretare l’as-
senza di capre sul Carso come un provvedimento e un segno di un utilizzo razionale delle
risorse naturali. Lo stesso significato si può attribuire alle indicazioni dei contadini di tutte
le comunità del Carso riportate dal catasto negli anni 1820–1830, per cui sui loro pascoli
non accoglievano bestiame animali minuti forestieri (ad eccezione del conte di Duino che
lo faceva per proprio tornaconto). Già mezzo secolo prima, attorno al 1770, i notevoli
flussi stagionali della transumanza di pecore tra la Carniola interna (Notranjska) e l’Istria
settentrionale non toccavano l’area più ristretta del Carso, bensì al massimo i suoi mar-
gini (e nuovamente S. Giovanni presso Duino) (Umek, 1957). Va considerato, infatti, che i
sistemi di pascolo, la tipologia degli animali sui singoli pascoli e non da ultimo le forme di
possesso e d’accesso ai pascoli attraverso i secoli potevano essere soggetti a cambiamen-
ti, che potevano essere espressione di provvedimenti nel caso di un deterioramento del-
la risorsa a causa dell’eccessivo sfruttamento (Head-König, 2014, 27, 31).

Nonostante la manifesta e generalizzata mancanza di fieno e la scarsa copertura
dei boschi e dei prati con alberi, il fatto che nel catasto franceschino presso numerose
comunità si registrasse un’»abbondanza« di fieno, che di conseguenza veniva venduto a
Trieste (a volte si vendeva in città anche la legna) costituisce un segnale della sostenibili-
tà dell’utilizzo delle risorse naturali o almeno che queste non si erano esaurite. La situa-
zione era ancora tale anche quasi mezzo secolo dopo, come emerge chiaramente dalla
descrizione e dal parere sullo stato dei boschi del Carso espresso da un osservatore tec-
nico, l’imperial-regio ispettore forestale e sostenitore del rimboschimento del Carso Si-
mon Scharnaggl.

Una vera e propria compagine boschiva del Carso nei distretti di Comeno e Sesa-
na, così come nel territorio della città di Trieste, è notoriamente già da tempo scom-
parsa e i boschi del Carso sono rappresentati da estesi e desolati campi sassosi con
sporadiche boscaglie di latifoglie o macchie di ginepro.

Pur tuttavia il suolo dell’intera area del Carso, nonostante i tanti sassi e il sottile
strato di terra e nonostante la siccità e i venti, è estremamente appropriato per la
silvicoltura.

Le stesse continue mutilazioni delle piante legnose, il taglio nel periodo di linfa, il
pascolo praticato tutto l’anno senza alcuna regola pratica ecc. non riescono a to-
gliere alle radici il loro incredibile vigore riproduttivo e, infatti, queste si possono di-
struggere completamente solo con il completo sradicamento. La poca terra frammi-
sta a molti sassi del Carso possiede una propria incredibile forza. Quando, durante
la siccità, che spesso per molti mesi la lascia senza pioggia o rugiada, tutte le erbe
sembrano ormai disseccate, la poca terra bruciata e arida, il fogliame sugli alberi
giallo e appassito comincia a cadere, in breve l’intera vegetazione appare morta,
stupisce la rapida trasformazione che subentra dopo una bella pioggia abbondan-
te. Come per magia erbe e verdure cominciano a spuntare dalla terra, l’avvizzito fo-

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