Page 52 - Panjek, Aleksander (2015). Paesaggio culturale e ambiente del Carso. L’uso delle risorse naturali in età moderna. Založba Univerze na Primorskem, Koper.
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paesaggio culturale e ambiente del carso

significa che il muro delimitava il terreno in base alla sua destinazione colturale (arativo,
prato o boschetto rispetto alla landa), distinguendo al contempo le forme di possesso e
uso individuale da quelle collettive, poiché separava la terra coltivata in possesso indivi-
duale dall’incolto, su cui la comunità di villaggio esercitava i diritti di pascolo. In questi casi
i terrenti cintati erano come delle oasi di terra coltivata in mezzo all’incolto e, al contem-
po, isole di possesso individuale in mezzo ai diritti collettivi. È qui possibile appoggiarsi
all’ormai classica interpretazione di Bloch, secondo il quale le »caratteristiche materiali«
del paesaggio »non erano che il simbolo visibile di realtà sociali profonde«. Ciò non signi-
fica che »il sistema a campi cintati avesse carattere individualistico: sarebbe dimenticare
che generalmente i villaggi che praticavano questo sistema possedevano pascoli comuna-
li molto estesi [...]. Diciamo piuttosto che il potere della collettività si fermava di fronte ai
coltivi« (Bloch, 1997, 67–68).

Le superfici coltivate situate nei pressi dei villaggi erano collocate entro il reticolo
di strade, tratturi e sentieri, lungo i quali i muri erano mediamente più alti, perché lungo
quelle vie passava il bestiame condotto al pascolo. In questi casi le funzioni dei muri era-
no le stesse: la protezione del coltivo dal bestiame e la distinzione del terreno individua-
le e coltivato dalla via pubblica e collettiva.

Nell’area immediatamente circostante i villaggi, i campi e i prati erano contigui e i
muretti che li circondavano potevano fungere da confine tra l’uno e l’altro: in questi casi
rivestivano piuttosto chiaramente la funzione di delimitare il possesso privato, poiché
separavano un fazzoletto di terra da quello del vicino. Contemporaneamente poteva-
no però delimitare terreni la cui destinazione colturale era diversa, per esempio l’arati-
vo dal prato, che richiedevano un differente grado d’intensità di lavoro per la loro siste-
mazione e manutenzione.

In alcuni casi i muri potevano cingere anche possessi collettivi, come i prati comu-
nali oppure i pozzi nei villaggi. In questi casi fungevano essenzialmente da barriera che re-
golava l’accesso a un bene comune3.

Tuttavia, in termini generali, in Carso la presenza dei muretti in pietra con funzio-
ni legate alle pratiche agricole aumenta con l’intensità dell’uso del suolo e con il grado
di presenza di bestiame nei pressi delle superfici coltivate in modo più intensivo, e dun-
que laddove le forme d’uso individuali confinavano con quelle collettive. In questo sen-
so i muri indicano l’esistenza di un certo grado di ‘individualismo’ nelle pratiche agrarie e
nella società rurale in genere, comprensibile se si tiene conto della scarsità delle superfi-
ci coltivabili, che indubbiamente comportava una maggiore dipendenza e induceva un più
alto grado di attaccamento ai coltivi. I diritti collettivi d’uso delle risorse naturali si svol-
gevano invece in prevalenza sulle vaste terre comuni, costituite da pascoli e boschi più o
meno folti.

La funzione dei muri di delimitare il possesso e la proprietà, privati o collettivi, si dif-
fuse con il tempo, in particolare in seguito ai provvedimenti di suddivisione delle terre co-
muni. Questo processo di recinzione ha avuto fondamentalmente due fasi, una prima an-
cora entro il regime tardo feudale nel Settecento, quando le terre comuni furono divise
tra i membri della comunità e furono contestualmente costruiti dei muri di confine (spes-
so piuttosto diritti) tra le nuove particelle individuali nel mezzo della landa già collettiva.

3 Questa funzione dei muretti di cinta ancora rilevabili intorno ad alcuni pozzi in Pagnini, 1966, 125 e in Ra-
dinja, 1987, 121.

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