Page 48 - Panjek, Aleksander (2015). Paesaggio culturale e ambiente del Carso. L’uso delle risorse naturali in età moderna. Založba Univerze na Primorskem, Koper.
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paesaggio culturale e ambiente del carso

venduto a Trieste (Pagnini Alberti, 1972; Dolce, Stoch, Palma, 1991). La produzione si dif-
fuse soprattutto nell’Ottocento, quando la crescita urbana di Trieste aumentò la richie-
sta di ghiaccio, anche nell’industria per la conservazione dei generi alimentari. Il ghiaccio
che durante l’inverno si formava sugli stagni veniva conservato nelle ghiacciaie, che erano
in prevalenza in proprietà di privati, i quali potevano possederne anche più d’una, mentre
in misura minore appartenevano a singole comunità. Esistevano diversi tipi di ghiacciaie,
da quelle che sfruttavano le condizioni naturali (es. grotte) fino a costruzioni in pietra si-
mili alle cisterne per l’acqua, realizzate per lo più sistemando depressioni naturali del ter-
reno (es. doline) e dotate di tetto (Belingar, 2005, 341–348).

In Carso la terra adatta all’utilizzo agricolo non solo è poca ma è anche frammista
a pietre, che dovevano essere continuamente rimosse dai campi e dai prati. Lo spietra-
mento si rendeva tanto più necessario al fine di ridurre a coltura nuove superfici, e co-
stituiva quindi uno dei lavori agricoli principali che contribuì notevolmente alla formazio-
ne del paesaggio culturale. A causa dell’erosione lo strato di terra andava diminuendo di
continuo: per questa ragione i contadini del Carso usavano dire che »le pietre crescono«.

In questa comune non vi sono vigne unicamente coltivate a tal uso, e i terreni ara-
tivi bensì vengono in parte contemporaneamente utilizzati colla coltivazione delle
viti, conviene però a riflettere, che questa coltivazione venne introdotta in tempo in
cui vi era meglior strato di terra più profonda, ne così sassoso, com’è presentemen-
te […] Sul Carso in generale è ritenuto che le piogge trasportano cogli anni quella
superficie di terra, che poteva rendere qualche vantaggio con la coltivazione (ASG,
C, Opatje selo, S4).

La consistenza dello strato di terra suggeriva il tipo d’uso agricolo del suolo, men-
tre le differenti destinazioni colturali richiedevano diversi gradi d’intensità del lavoro di
sistemazione agraria.

Dove lo strato di terriccio era più sottile, il terreno era adatto alla creazione di un
prato o di un prato alberato. A tal fin era necessario asportare le pietre nella misura in
cui ostacolavano lo sfalcio dell’erba o erano insidiose per il bestiame al pascolo. Ciò signi-
ficava raccogliere il pietrame più grosso sparso sulla superficie e spezzare gli spuntoni di
roccia affioranti (čiščenje). La sistemazione di un campo presupponeva un intervento più
in profondità (trebljenje), al fine di ottenere uno strato di terra sufficiente alla vegetazione
delle colture e all’utilizzo di strumenti per la lavorazione della terra, dalla zappa all’aratro,
a seconda delle dimensioni dell’appezzamento e della profondità dello strato terroso. Le
colture legnose, per la sua diffusione in particolare la vite, erano quelle che richiedevano
la maggiore profondità del dissodamento (rigolanje): in Carso si raggiungeva il mezzo me-
tro circa. Per la scarsità di terra, la bassa profondità del suo strato e la continua erosione,
non era raro che se ne apportasse artificialmente ai campi che ne erano scarni (Gams,
1987, 168–169; Gams, 1991b, 20–28). Del resto abbiamo già avuto modo di constatare
come il trasporto e l’aggiunta di nuovo terriccio costituisse una pratica regolare nell’agri-
coltura locale e come i contadini del Carso creassero e sistemassero campi artificiali che
abbisognavano poi di una manutenzione altrettanto artificiale.

La trasformazione di una dolina al fine di adattarla all’utilizzo agricolo comportava
un particolare lavoro di sistemazione, in seguito al quale essa diveniva una »dolina lavora-
ta« (delana dolina), pronta per essere coltivata. Sul fondo dell’avvallamento naturale nor-

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