Page 49 - Panjek, Aleksander (2015). Paesaggio culturale e ambiente del Carso. L’uso delle risorse naturali in età moderna. Založba Univerze na Primorskem, Koper.
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malmente si raccoglie di per sé una maggiore quantità di terra, che costituisce la base del
futuro campo, o più spesso campetto. La sistemazione della dolina consisteva nello spie-
tramento e nell’abbattimento degli spuntoni di roccia, che dava una pendenza più unifor-
me ai versanti. Le pietre erano depositate in una fossa scavata sul fondo della dolina, che
veniva poi ricoperto con la terra in precedenza trattenuta dalle (e tra le) rocce e ricava-
ta con lo spietramento. In questo modo il fondo risultava rialzato e livellato. Dato che le
doline sono in genere di forma tondeggiante restringendosi verso il basso con andamen-
to conico, l’appezzamento di terreno coltivabile realizzato sul fondo della dolina lavora-
ta assumeva la caratteristica forma tondeggiante (Gams, Lovrenčak, Ingolič, 1971, 228–
229; Nicod, 1987, 107–108).

Lo spietramento doveva essere ripetuto nel tempo per riparare alle conseguenze
della progressiva erosione o quando si passava a un uso più intensivo del suolo, che ri-
chiedeva più terra e una lavorazione più in profondità (Radinja, 1987, 117). La profondi-
tà dello strato di terreno va dalle poche decine di centimetri nei prati ai tre metri e oltre
nei campi e nelle doline. La quantità di pietrame rimosso nelle operazioni di sistemazione
variava in base carattere del suolo e della sua destinazione colturale, ma era comunque
ingente, tra uno e quattro quintali per metro quadro di superficie dissodata (Gams, Lo-
vrenčak, Ingolič, 1971, 229, 231; Gams, 1991b, 28). In ogni modo venivano lavorati e coltivati
anche campi dotati di uno strato di terra molto sottile. Quando nell’ambito dei prepara-
tivi del catasto franceschino i rappresentanti dei contadini di Duino suddivisero le super-
fici arative in base alle proprie considerazioni, espressero la convinzione che i loro campi
migliori fossero in verità soltanto »mediocri«.

S’aspeta la 1.a classe a quel campo arativo, ed arativo avitato, che situato in pia-
nura ed in dolce pendio ha lo strato di terra ad una tale profondità, che arandolo si
urta nel sottoposto scoglio nella terza parte soltanto della sua estensione, e pel di
cui mantenimento necessita ogni decenio circa un nuovo trasporto di terra, soltanto
in alcune situazioni per essere soggetto al danno cagionato dalle piogge e dai venti
gagliardi [...].

Si può attribuirsi la 2.a classe a quel campo [...] situato tanto prossimamente in pia-
no quanto in dolce e ripido pendio, costruito artificialmente e mancante della ne-
cessaria terra coltivabile per cui ogni secondo o terzo anno vi occorre un nuovo tra-
sporto di terra in talli situazioni poi che l’arativo è quasi di continuo a contatto col
sasso per cui sono indispensabili i muri di sostegno, che infine sono soggetti al mag-
gior danno di piogge dirotte, e venti impetuosi. In questa categoria si contemplano
anche le così dette dolline e tutti quelli campi posti nelle cavità soggetti per la loro
bassa situazione alle brine, rugiade, all’umidità eccessiva ed anche alla totale inon-
dazione delle acque (AST, SF, Duino, S/4).

Le pietre rimosse dalle superfici agricole venivano raccolte in cumuli (groblje, det-
ti groumasi in Istria), oppure utilizzate per la costruzione di muretti a secco ai margini dei
campi e dei prati. I muri in pietra a secco costituiscono uno degli elementi caratterizzan-
ti del paesaggio culturale del Carso, per cui dedicheremo loro un’attenzione particolare.

Il paesaggio del Carso è, infatti, segnato da una fitta rete di muri in pietra a secco
che racchiudono singole superfici e intessono il territorio addensandosi in particolare in
prossimità dei villaggi, mentre allontanandosene le maglie si allargano. Essendo le parti-

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