Page 19 - Lazar, Irena, Aleksander Panjek in Jonatan Vinkler. Ur. 2020. Mikro in makro. Pristopi in prispevki k humanističnim vedam ob dvajsetletnici UP Fakultete za humanistične študije, 2. knjiga. Koper: Založba Univerze na Primorskem.
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pier paolo vergerio il vecchio e la pedagogia umanistica
regnandi ratio, quam si ii qui regna obtinent ab omnibus dignissi-
mi omnium regno judicentur.2
“Proprio perché la massima finalità dell’educazione consiste nel plasma-
re il futuro cittadino, lo Stato ha il compito di intervenire in tale questione di
rilevanza etico-sociale” (Cagnolati 2016, 98). Il Vergerio mette in questo sen-
so in pratica l’insegnamento di Platone, dato che dedica il trattato a Ubertino
da Carrara, figlio terzogenito di Francesco Novello. Vergerio è del parere che
la buona educazione non sia rivolta a tutti i cittadini né a tutti i cortigiani, ma
soltanto alla classe dirigente che un giorno deterrà le redini del potere. “Il De
ingenuis moribus contiene frequenti indicazioni su perché e come debba essere
educato chi dovrà governare. Si tratta di luoghi, richiami a exempla e riflessio-
ni, spesso collocate nel vissuto quotidiano e inquadrate nella rete di relazioni
che si formano intorno a chi detiene il potere.” (Favero 2018, 47).
Le influenze antiche sono riscontrabili anche nel concetto della virtù
(arete) di Vergerio che però le adatta alla società umanistica. Alcune del-
le questioni principali però, sia nell’antichità che nell’umanesimo, verteva-
no intorno alla natura del sapere, della buona educazione, poiché secondo
la filosofia greca la vera virtù è strettamente legata al sapere. Educare i gio-
vani voleva quindi dire educarli alla virtù che ricerca il bene per la comu-
nità: ciò che era buono, era anche utile alla comunità stessa; l’idea del bene,
del bello e dell’utile era nell’antica Grecia molto radicata nella cultura e ave-
va come scopo principale la crescita della polis. Al concetto dell’arete gre-
ca e della virtus romana è strettamente connesso il valore degli ingenui mo-
res di Vergerio e cioè la moralità dei costumi già chiaramente enunciata nel
Paulus. “In Pierpaulo c’è quasi un’ansia di ritrovare nell’uomo i motivi es-
senziali della realtà e di farne valori che contano per l’individuo, ma anche
per la società: l’esigenza etica individuale della probità di pensiero e di azio-
ne corrisponde all’esigenza etica sociale di un buon governo e in ambedue
i casi è mediatrice la competenza del saggio” (Petrini 1991, 8). Nell’epoca
umanistica, Vergerio, prendendo spunto dai valori morali greci e romani,
2 Vergerius 1918, Praefatio. Sebbene sia opportuno che tutti gli uomini (e in primo
luogo i genitori) si impegnino ad educare correttamente i propri figli e che i figli sia-
no quindi tali, da dimostrarsi degni di buoni genitori, tuttavia, è opportuno che so-
prattutto coloro che si trovano in posizione di potere, dei quali niente di ciò che vie-
ne detto o fatto può restare nascosto, siano educati nelle principali arti per essere
considerati degni sia della sorte che del grado di dignità che essi detengono. È giusto
infatti che coloro che vogliono avere riconosciuto tutto, siano essi stessi garanti del-
le stesse cose. E non vi è ragione più certa e stabile del governare, di coloro che, otte-
nendo il potere, ne siano considerati degni.
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regnandi ratio, quam si ii qui regna obtinent ab omnibus dignissi-
mi omnium regno judicentur.2
“Proprio perché la massima finalità dell’educazione consiste nel plasma-
re il futuro cittadino, lo Stato ha il compito di intervenire in tale questione di
rilevanza etico-sociale” (Cagnolati 2016, 98). Il Vergerio mette in questo sen-
so in pratica l’insegnamento di Platone, dato che dedica il trattato a Ubertino
da Carrara, figlio terzogenito di Francesco Novello. Vergerio è del parere che
la buona educazione non sia rivolta a tutti i cittadini né a tutti i cortigiani, ma
soltanto alla classe dirigente che un giorno deterrà le redini del potere. “Il De
ingenuis moribus contiene frequenti indicazioni su perché e come debba essere
educato chi dovrà governare. Si tratta di luoghi, richiami a exempla e riflessio-
ni, spesso collocate nel vissuto quotidiano e inquadrate nella rete di relazioni
che si formano intorno a chi detiene il potere.” (Favero 2018, 47).
Le influenze antiche sono riscontrabili anche nel concetto della virtù
(arete) di Vergerio che però le adatta alla società umanistica. Alcune del-
le questioni principali però, sia nell’antichità che nell’umanesimo, verteva-
no intorno alla natura del sapere, della buona educazione, poiché secondo
la filosofia greca la vera virtù è strettamente legata al sapere. Educare i gio-
vani voleva quindi dire educarli alla virtù che ricerca il bene per la comu-
nità: ciò che era buono, era anche utile alla comunità stessa; l’idea del bene,
del bello e dell’utile era nell’antica Grecia molto radicata nella cultura e ave-
va come scopo principale la crescita della polis. Al concetto dell’arete gre-
ca e della virtus romana è strettamente connesso il valore degli ingenui mo-
res di Vergerio e cioè la moralità dei costumi già chiaramente enunciata nel
Paulus. “In Pierpaulo c’è quasi un’ansia di ritrovare nell’uomo i motivi es-
senziali della realtà e di farne valori che contano per l’individuo, ma anche
per la società: l’esigenza etica individuale della probità di pensiero e di azio-
ne corrisponde all’esigenza etica sociale di un buon governo e in ambedue
i casi è mediatrice la competenza del saggio” (Petrini 1991, 8). Nell’epoca
umanistica, Vergerio, prendendo spunto dai valori morali greci e romani,
2 Vergerius 1918, Praefatio. Sebbene sia opportuno che tutti gli uomini (e in primo
luogo i genitori) si impegnino ad educare correttamente i propri figli e che i figli sia-
no quindi tali, da dimostrarsi degni di buoni genitori, tuttavia, è opportuno che so-
prattutto coloro che si trovano in posizione di potere, dei quali niente di ciò che vie-
ne detto o fatto può restare nascosto, siano educati nelle principali arti per essere
considerati degni sia della sorte che del grado di dignità che essi detengono. È giusto
infatti che coloro che vogliono avere riconosciuto tutto, siano essi stessi garanti del-
le stesse cose. E non vi è ragione più certa e stabile del governare, di coloro che, otte-
nendo il potere, ne siano considerati degni.
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