Page 68 - Panjek, Aleksander (2015). Paesaggio culturale e ambiente del Carso. L’uso delle risorse naturali in età moderna. Založba Univerze na Primorskem, Koper.
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paesaggio culturale e ambiente del carso

landa carsica (Moritsch, 1969, 130). La metà dell’Ottocento rappresenta verosimilmente
il punto più basso della lunga parabola discendente dell’estensione dei boschi sul Carso in
età moderna, proprio quando si avviò un pubblico dibattito sull’opportunità di avviare il
rimboschimento (Rossetti, 1831). Su queste questioni torneremo nel capitolo successivo.

Dopo la metà del Settecento la crescita di Trieste iniziò ad acquisire dimensioni si-
gnificative, che non rimasero senza conseguenze per il mondo rurale circostante. La cit-
tà offriva alla popolazione dell’entroterra nuove opportunità d’impiego e di guadagno.
La crescita della popolazione urbana comportò un aumento della domanda alimentare
e quindi di prodotti agricoli. Entrambi i fenomeni continuarono ad agire sul mondo rura-
le anche nel corso del secolo successivo. Nelle campagne s’innescò un graduale proces-
so di mutamento degli indirizzi produttivi con l’obiettivo di rifornire il crescente mercato
urbano, sebbene in gran parte del Carso tali sviluppi fossero in un primo tempo frena-
ti da quanto rimaneva del regime feudale e dalla conseguente persistenza di rapporti di
produzione e di possesso della terra che lo caratterizzavano. Queste direttrici di svilup-
po portarono alla moltiplicazione delle superfici coltivate nel paesaggio e, dato che la ter-
ra migliore era stata già da lungo tempo messa a coltura, venivano ora sistemati i pendii
(costruendo terrazzamenti), le terre marginali (sulle quali era necessario creare le condi-
zioni colturali praticamente dal nulla) e sempre più doline. In tutti questi casi compariva-
no nuovi muri a secco. Contestualmente vi fu un parziale mutamento degli indirizzi pro-
duttivi in agricoltura, con cui si cercava di rispondere alla domanda del mercato urbano.

In Carso l’introduzione di nuove colture, in particolare del mais e delle patate, ebbe
tempi di diffusione e importanza alimentare diversa. L’introduzione della patata tardò
ad affermarsi a causa degli insuccessi che avevano accompagnato per un periodo piutto-
sto lungo la sua coltivazione. Nel 1787 l’amministrazione della signoria di Duino espres-
se l’opinione che sul suo territorio non sussistessero le condizioni per la coltivazione del-
la patata in quanto tutti i tentativi effettuati si erano risolti con un insuccesso. Quasi un
secolo più tardi (1870), però, nell’area di Senožeče le patate occupavano ben il 24% del-
la superficie arativa (Britovšek, 1964, 191, 204). Le patate furono dapprima coltivate negli
orti, come per esempio a Tomaj nei primi decenni dell’Ottocento, dove sui campi nel si-
stema di rotazione delle colture comparivano anche i fagioli e le rape (AST, CF, Tomaj).
La diffusione del mais fu invece molto più precoce. Il granturco veniva coltivato in coltura
promiscua con la vite almeno dalla prima metà del Settecento, occupando un ruolo cre-
scente tra i seminativi anche nell’Ottocento, sebbene per lungo tempo ancora si semi-
nasse soprattutto frumento, prima destinato al pagamento dei tributi e in seguito al mer-
cato, mentre la popolazione rurale continuava a consumare soprattutto cereali minori7.
L’introduzione del mais comportò un cambiamento rilevante tanto nell’agricoltura quan-
to nel paesaggio del Carso. Confrontando la composizione dei tributi contadini nei pri-
mi decenni del Seicento con le colture coltivate nei primi decenni dell’Ottocento, quin-
di due secoli più tardi, si nota infatti come il mais avesse sostituito l’avena tanto nei campi
quanto nell’alimentazione e non da ultimo anche nel sistema di rotazione. Nell’elaborato
catastale di Tomaj intorno al 1830 scrissero quanto segue.

L’usuale nutrimento del rustico contadino consiste in pane di granoturco misto con
saraceno e segala, in minestra di legumi, di rape ed erbaggi, cucinati e conditi con

7 Cfr. Britovšek 1964, 210 e Moritsch, 1969, 74–75.

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