Page 38 - Hrobat Virloget, Katja, Kavrečič, Petra, eds. (2015). Il paesaggio immateriale del Carso. Založba Univerze na Primorskem, Koper.
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il paesaggio immateriale del carso
di significato, che indicava la scomposizione dei più antichi modelli mitici. Il nome di stu-
dente di scuola nera (črnošolec) è derivato dall’abito nero dei gesuiti, dalla talare che por-
tavano gli studenti di allora dei collegi teologici. Il negromante (grabancijaš) non combat-
teva per il benessere della sua terra, era infatti un viandante individualista senza patria. Il
suo sapere a differenza di quello dei kresniki, l’aveva ricevuto dai libri (Mencej, 2006, 280).
Capacità simili di provocare e arrestare la grandine erano allora attibuti anche ai parro-
ci di campagna.
Grazie a Ginzburg, adesso è possibile datare anche i racconti sloveni sui kresniki come
studenti neri (ovvero negromanti) nel XVI o XVII sec., per cui altre rappresentazioni sui
kresniki sono ancora più antiche. Nella parte caicava della Croazia c’era una figura di stu-
dente nero documentato già perlomeno dal 1740, come è evidente dal vocabolario di Ivan
Belostenec. Da quelle parti e in Ungheria lo studente nero (črnošolec) era noto col nome
di grabancijaš, garabonczás, garabonciás e simili. Questo era uno studente vagabondo – uno
stregone, che poteva far cambiare il tempo e provocare la grandine, e cavalcando un drago
viaggiava nell’aria. La variante rumena degli studenti neri era costituita dai şolomari (Marja-
nić, 2010, 134–35). »L’uomo drago« che regola il tempo atmosferico, era conosciuto anche
in Serbia, Macedonia e Bulgaria. Tutto questo ci svela l’influenza italiana, il che è rafforza-
to anche dall’etimologia della parola grabancijaš, che secondo Vatroslav Jagić deriva dall’ita-
liano necromanzia (divinazione con l’aiuto dei morti) e successivamente dal termine negro-
manzia (magia nera) (Jagić, 1877, 437–81). Gli studenti neri posseggono un libro col quale
possono esercitare la magia. Di questi »libri neri«, ne erano conosciuti diversi in varie lo-
calità europee, in Slovenia soprattutto Duhovna bramba e Kolomonov žegen.
Ginzburg brevemente ricorda i kresniki/krsniki sloveni e istriani e figure analoghe nei
Balcani e altrove (Ginzburg, 1989, 138–39; per esempio Bošković Stulli, On the Track, 13–
39). Ricorda anche gli esseri demoniaci coevi: divja jaga, Perhto/Pehtro, vampiri, lupi man-
nari (volklodlaki), e mora, che erano un importante, sebbene indesiderato accompagna-
mento della vita quotidiana (meglio, notturna) di molte generazioni dei nostri antenati.
Non considera però alcune altre figure collegate, come sono i vedomci sloveni. Questi
sono, secondo i racconti sloveni, avversari dei kresniki o »kresniki colpevoli«, il che signifi-
ca che sono dannosi per le persone e per gli animali domestici. Questi cioè sono un equi-
valente dei malandanti friulani. Un’eccezione è la vidovina della Bela Krajina che ha tratti
positivi di kresnik buono, proteggendo infatti il raccolto sul suo territorio.
Secondo il dizionario di Pleteršnik védomac è un uomo che sa tutto, indovino, au-
spice del tempo e stregone, che sa trasformarsi in diversi animali (Pleteršnik, 1895, 754).
Il nome vedomec effettivamente proviene dalla radice che significa »vedeti« (sapere) (Šm-
itek, 2004, 208). Come al kresnik, anche al vedomec era assegnato un ruolo fin dalla nasci-
ta, e come i kresniki comparivano in una specie di sonno (Kelemina, 1930, 91 (n° 36/III)).
Secondo una interpretazione carinziana, i vedomci erano bambini di entrambi i sessi, nati
nelle Quattro Tempora (Kelemina, 1930, 92 (n° 37)). Si riunivano anche per queste feste o
per La Natività di san Giovanni Battista o per Natale. Queste festività (Quattro Tempo-
ra, Natività di san Giovanni Battista, Pentecoste e Natale) erano conosciute anche come
date annuali delle congreghe di stregoni. In questo modo era chiaramente indicata la tra-
sformazione della figura del vedomec nel demoniaco stregone notturno. Gli Sloveni del-
la Slavia Veneta un tempo credevano che fosse possibile liberare in più modi dall’incante-
simo un neonato con segni corporali del vedomec, per esempio infilandolo attraverso un
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di significato, che indicava la scomposizione dei più antichi modelli mitici. Il nome di stu-
dente di scuola nera (črnošolec) è derivato dall’abito nero dei gesuiti, dalla talare che por-
tavano gli studenti di allora dei collegi teologici. Il negromante (grabancijaš) non combat-
teva per il benessere della sua terra, era infatti un viandante individualista senza patria. Il
suo sapere a differenza di quello dei kresniki, l’aveva ricevuto dai libri (Mencej, 2006, 280).
Capacità simili di provocare e arrestare la grandine erano allora attibuti anche ai parro-
ci di campagna.
Grazie a Ginzburg, adesso è possibile datare anche i racconti sloveni sui kresniki come
studenti neri (ovvero negromanti) nel XVI o XVII sec., per cui altre rappresentazioni sui
kresniki sono ancora più antiche. Nella parte caicava della Croazia c’era una figura di stu-
dente nero documentato già perlomeno dal 1740, come è evidente dal vocabolario di Ivan
Belostenec. Da quelle parti e in Ungheria lo studente nero (črnošolec) era noto col nome
di grabancijaš, garabonczás, garabonciás e simili. Questo era uno studente vagabondo – uno
stregone, che poteva far cambiare il tempo e provocare la grandine, e cavalcando un drago
viaggiava nell’aria. La variante rumena degli studenti neri era costituita dai şolomari (Marja-
nić, 2010, 134–35). »L’uomo drago« che regola il tempo atmosferico, era conosciuto anche
in Serbia, Macedonia e Bulgaria. Tutto questo ci svela l’influenza italiana, il che è rafforza-
to anche dall’etimologia della parola grabancijaš, che secondo Vatroslav Jagić deriva dall’ita-
liano necromanzia (divinazione con l’aiuto dei morti) e successivamente dal termine negro-
manzia (magia nera) (Jagić, 1877, 437–81). Gli studenti neri posseggono un libro col quale
possono esercitare la magia. Di questi »libri neri«, ne erano conosciuti diversi in varie lo-
calità europee, in Slovenia soprattutto Duhovna bramba e Kolomonov žegen.
Ginzburg brevemente ricorda i kresniki/krsniki sloveni e istriani e figure analoghe nei
Balcani e altrove (Ginzburg, 1989, 138–39; per esempio Bošković Stulli, On the Track, 13–
39). Ricorda anche gli esseri demoniaci coevi: divja jaga, Perhto/Pehtro, vampiri, lupi man-
nari (volklodlaki), e mora, che erano un importante, sebbene indesiderato accompagna-
mento della vita quotidiana (meglio, notturna) di molte generazioni dei nostri antenati.
Non considera però alcune altre figure collegate, come sono i vedomci sloveni. Questi
sono, secondo i racconti sloveni, avversari dei kresniki o »kresniki colpevoli«, il che signifi-
ca che sono dannosi per le persone e per gli animali domestici. Questi cioè sono un equi-
valente dei malandanti friulani. Un’eccezione è la vidovina della Bela Krajina che ha tratti
positivi di kresnik buono, proteggendo infatti il raccolto sul suo territorio.
Secondo il dizionario di Pleteršnik védomac è un uomo che sa tutto, indovino, au-
spice del tempo e stregone, che sa trasformarsi in diversi animali (Pleteršnik, 1895, 754).
Il nome vedomec effettivamente proviene dalla radice che significa »vedeti« (sapere) (Šm-
itek, 2004, 208). Come al kresnik, anche al vedomec era assegnato un ruolo fin dalla nasci-
ta, e come i kresniki comparivano in una specie di sonno (Kelemina, 1930, 91 (n° 36/III)).
Secondo una interpretazione carinziana, i vedomci erano bambini di entrambi i sessi, nati
nelle Quattro Tempora (Kelemina, 1930, 92 (n° 37)). Si riunivano anche per queste feste o
per La Natività di san Giovanni Battista o per Natale. Queste festività (Quattro Tempo-
ra, Natività di san Giovanni Battista, Pentecoste e Natale) erano conosciute anche come
date annuali delle congreghe di stregoni. In questo modo era chiaramente indicata la tra-
sformazione della figura del vedomec nel demoniaco stregone notturno. Gli Sloveni del-
la Slavia Veneta un tempo credevano che fosse possibile liberare in più modi dall’incante-
simo un neonato con segni corporali del vedomec, per esempio infilandolo attraverso un
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