Page 42 - Hrobat Virloget, Katja, Kavrečič, Petra, eds. (2015). Il paesaggio immateriale del Carso. Založba Univerze na Primorskem, Koper.
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il paesaggio immateriale del carso

Gli inquisitori friulani rivolgevano meno attenzione alle processioni dei morti ri-
spetto alle battaglie notturne con le streghe, per questo non abbiamo dati precisi su
quest’ultime. Già le stesse confessioni delle accusate, e ancor più le interpretazioni degli
inquirenti, erano gravate dallo stereotipo del sabba delle streghe. Così si era formato il
modello secondo il quale le donne nate con la membrana, di notte partissero per viaggi
estatici con una barca che le avrebbe portate in una località solitaria dell’altro mondo. Là
mangiavano, bevevano e danzavano e alle prime ore del mattino tornavano indietro nel
loro corpo. Questo modello era conosciuto in molti luoghi in Europa dal medioevo ad
oggi (Nardon, 1999, 140). Le streghe slovene secondo le rappresentazioni popolari si ri-
trovavano sulle cime dei monti, per esempio sul monte Slivnica presso il Cerkniško jezero
(il lago di Circonio), sul Grintovec (Montetoso) o sulla Donačka gora, o anche in cantine e
capanne di vignaiuoli, dove bevevano vino. Quest’ultima tipologia di luoghi era connessa
probabilmente con l’antica fede, in quanto tra i morti nell’altro mondo regnava una sete
tremenda (Mencej, 2006, 259–62). Da quello che si può ricavare dalle registrazioni folclo-
ristiche slovene che risalgono dalla metà del XIX sec. fino al giorno d’oggi, le processio-
ni dei morti non erano così direttamente collegate con kresniki o vedomci, come in Friuli
erano intrecciate con i combattimenti notturni dei benandanti. Ciononostante, natural-
mente anche nella tradizione popolare slovena molto spesso s’incontrano le tematiche
della morte e della fertilità.

»Nel 1508 il nobile Francesco di Strassoldo in un discorso tenuto in Parlamento avvertiva
che in varie località del Friuli i contadini si erano riunti in ‘conventicule’ comprendenti anche due-
mila individui«. (Ginzburg, 2010, 55) Questo numero era sicuramente esagerato anche se
non del tutto, se queste adunanze avevano effettivamente luogo in senso fisico. Non sap-
piamo ancora se anche nel territorio Sloveno talora davvero esistevano gruppi di perso-
ne simili ai benandanti o se il raduno notturno dei kresniki e le loro battaglie fossero solo
un motivo narrativo. Non è molto che Boris Čok ha pubblicato un libro stupefacente nel
quale scopre l’esistenza di un gruppo di vecchi credenti (staroverci) nel villaggio di Prelože,
nel Carso. In determinate festività di notte si radunavano in gran segreto e compivano riti
di fertilità per i campi e per le donne sterili. Questi riti si mantennero nei ricordi dei pa-
esani fino agli anni Trenta del XIX sec. I vecchi credenti (staroverci) si differenziavano dai
benandanti in quanto non erano uniti come un’entità spirituale ma proprio nella propria
forma corporale, tuttavia la loro esistenza poteva confermare l’esistenza di diversi gruppi
eretici in questo territorio lungo la frontiera. L’autore ritiene che i vecchi credenti avesse-
ro preso molto da autoctoni non slavi e mezzi pagani o da profughi insediatisi molto più
tardi (Čok, 2012). È possibile però in merito solamente valutare una inaffidabile tradizio-
ne orale di alcuni abitanti di un villaggio, senza la possibilità di confronto con qualche altra
microlocalità. Mancano (ancora) soprattutto le fonti storiche, a differenza di Carlo Gin-
zburg che se ne era potuto avvalere nella sua ricerca.

Certamente alcuni dati frammentari indicano che elementi di sciamanesimo (Šmit-
ek, 2004, 195–216) erano presenti anche nell’area etnica slovena. Componenti importan-
ti di questo antico complesso di pensiero erano il volo nell'aria e la trasformazione dello
sciamano in animale selvatico. Entrambe sono testimoniate sia per i kresniki che per i ve-
domci sloveni: le loro anime volavano all’aria aperta durante il sonno profondo o l’esta-
si. Vale a dire »si dedicano ai loro compiti in stato di incoscienza« (Kelemina, 1930, 91 (n° 36/
IV)). Questo conferma direttamente anche il racconto del Tolminese, secondo il quale

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