Page 40 - Hrobat Virloget, Katja, Kavrečič, Petra, eds. (2015). Il paesaggio immateriale del Carso. Založba Univerze na Primorskem, Koper.
P. 40
il paesaggio immateriale del carso
Nelle sue deposizioni, Menocchio espresse anche un pensiero piuttosto arcano:
»credo anche che gli spiriti che sono nell’aria, combattono fra di loro e ci sono fulmini della loro
rabbia« (Ginzburg, 2010, 159). Anche in questa idea si può trovare un collegamento con la
tradizione slovena dei kresnik:
Se all’epoca della mietitura verso sera tra le nuvole lampeggia, e non tuona, e solo
i lampi guizzano da nuvola anuvola, allora i kresniki combattono fra di loro con co-
voni di frumento. Ogni kresnik ha un suo territorio. Una volta il nostro kresnik (nella
lotta) ha tenuto tra le mani solo un cordone di paglia (tutto il resto glielo avevo por-
tato via il suo avversario). Per questo aveva raccomandato alla nostra gente di fare
grossi cordoni quando viene la mietitura, in modo tale che rimanesse loro abbastan-
za frumento. Altrimenti le spighe sarebbero rimaste vuote. E davvero dai cordoni si
trebbiava frumento al massimo. (Šmitek, 2003, 21 (n° 9), cfr. anche pag. 20 (n° 8))
Da qui non è lontana l’immagine dello stregone o della strega che si alza con la sco-
pa (nuvole) e lassù provoca la grandine (Kelemina, 1930, 95 (n° 43), 99 (n° 48)). Alcuni rac-
conti popolari sloveni parlano di singoli kresniki e/o vedomci duellanti, ma la nostra fonte
più antica (Valvasor, 1689) racconta di vedomci (vedavèze) a Pivka (San Pietro del Car-
so), dove nella sera santa frotte di tali spiriti si schieravano contro i šentjanževci (chiama-
ti così da Janez Krstnik, ovvero san Giovanni Battista, e sostanzialmente sempre gli stessi
kresniki). Tutti questi spettri, come secondo gli inquisitori friulani, era opera del Maligno:
Raccontano anche che in quella località, ovvero a Pivka, al sopraggiungere di un
determinato tempo dell’anno, in particolare alla Vigilia di Natale, appare un gran
numero di spettri, che nella parlata locale chiamano ‘vedaveze’, che a quanto rac-
contano succhiano tutto il sangue ai bambini, tanto che muoiono. A questi spettri
si oppongono spettri inferiori, chiamati ‘sentiansavèze’, e che lottano contro i ‘ve-
daveze’. Se possiamo dar credito alle dicerie comuni, dopo di loro si vedeva un gran
numero di persone. Allora anche gli spettri non sono altro che illusioni demoniache.
(Valvasor, 2011 [1689], 3. parte, libro XI, 456)
Secondo alcune testimonianze di benandanti friulani, gli scontri notturni fra loro e
le streghe si svolgevano nell’Aldilà, nella Valle di Giosafat (Nardon, 1999, 114, 190). Que-
sto nome non proviene dalla leggenda apocrifa di Barlaam e Giosafat, come aveva rite-
nuto Nardon, ma proprio dalle Sacre Scritture, dove è scritto »Si affrettino e salgano le
genti alla valle di Giòsafat, poiché lì siederò per giudicare tutte le genti all’intorno« (Gioele
4,12). Questa valle è chiamata anche valle della decisione o della trebbia »valle della de-
cisione o della trebbia« (Gioele 4,14), e in ebraico significa »Il Signore giudica«. Una trac-
cia di questa tradizione con tutta probabilità si è conservata nel racconto presentato ad
Abitanti di Capodistria (Abitanti pri Kopru). La sua prima trascrizione è stata fatta solo
nel 1989. Se ne cita un frammento rilevante, che in modo un po’ più dettagliato descri-
ve la valle dei morti:
Nell’altro mondo i morti procedono lungo una valle spaventosa, le loro anime gemo-
no, perché soffrono per i loro peccati. Appena arrivano nell’altro mondo, Dio chiede
loro perché sono venuti e ognuno racconta le proprie cose. Quando raccontano per-
ché sono morti, Dio mostra loro tutti i loro peccati e impone loro la pena. (Tomšič,
1989, 126 (n° 92))
40
Nelle sue deposizioni, Menocchio espresse anche un pensiero piuttosto arcano:
»credo anche che gli spiriti che sono nell’aria, combattono fra di loro e ci sono fulmini della loro
rabbia« (Ginzburg, 2010, 159). Anche in questa idea si può trovare un collegamento con la
tradizione slovena dei kresnik:
Se all’epoca della mietitura verso sera tra le nuvole lampeggia, e non tuona, e solo
i lampi guizzano da nuvola anuvola, allora i kresniki combattono fra di loro con co-
voni di frumento. Ogni kresnik ha un suo territorio. Una volta il nostro kresnik (nella
lotta) ha tenuto tra le mani solo un cordone di paglia (tutto il resto glielo avevo por-
tato via il suo avversario). Per questo aveva raccomandato alla nostra gente di fare
grossi cordoni quando viene la mietitura, in modo tale che rimanesse loro abbastan-
za frumento. Altrimenti le spighe sarebbero rimaste vuote. E davvero dai cordoni si
trebbiava frumento al massimo. (Šmitek, 2003, 21 (n° 9), cfr. anche pag. 20 (n° 8))
Da qui non è lontana l’immagine dello stregone o della strega che si alza con la sco-
pa (nuvole) e lassù provoca la grandine (Kelemina, 1930, 95 (n° 43), 99 (n° 48)). Alcuni rac-
conti popolari sloveni parlano di singoli kresniki e/o vedomci duellanti, ma la nostra fonte
più antica (Valvasor, 1689) racconta di vedomci (vedavèze) a Pivka (San Pietro del Car-
so), dove nella sera santa frotte di tali spiriti si schieravano contro i šentjanževci (chiama-
ti così da Janez Krstnik, ovvero san Giovanni Battista, e sostanzialmente sempre gli stessi
kresniki). Tutti questi spettri, come secondo gli inquisitori friulani, era opera del Maligno:
Raccontano anche che in quella località, ovvero a Pivka, al sopraggiungere di un
determinato tempo dell’anno, in particolare alla Vigilia di Natale, appare un gran
numero di spettri, che nella parlata locale chiamano ‘vedaveze’, che a quanto rac-
contano succhiano tutto il sangue ai bambini, tanto che muoiono. A questi spettri
si oppongono spettri inferiori, chiamati ‘sentiansavèze’, e che lottano contro i ‘ve-
daveze’. Se possiamo dar credito alle dicerie comuni, dopo di loro si vedeva un gran
numero di persone. Allora anche gli spettri non sono altro che illusioni demoniache.
(Valvasor, 2011 [1689], 3. parte, libro XI, 456)
Secondo alcune testimonianze di benandanti friulani, gli scontri notturni fra loro e
le streghe si svolgevano nell’Aldilà, nella Valle di Giosafat (Nardon, 1999, 114, 190). Que-
sto nome non proviene dalla leggenda apocrifa di Barlaam e Giosafat, come aveva rite-
nuto Nardon, ma proprio dalle Sacre Scritture, dove è scritto »Si affrettino e salgano le
genti alla valle di Giòsafat, poiché lì siederò per giudicare tutte le genti all’intorno« (Gioele
4,12). Questa valle è chiamata anche valle della decisione o della trebbia »valle della de-
cisione o della trebbia« (Gioele 4,14), e in ebraico significa »Il Signore giudica«. Una trac-
cia di questa tradizione con tutta probabilità si è conservata nel racconto presentato ad
Abitanti di Capodistria (Abitanti pri Kopru). La sua prima trascrizione è stata fatta solo
nel 1989. Se ne cita un frammento rilevante, che in modo un po’ più dettagliato descri-
ve la valle dei morti:
Nell’altro mondo i morti procedono lungo una valle spaventosa, le loro anime gemo-
no, perché soffrono per i loro peccati. Appena arrivano nell’altro mondo, Dio chiede
loro perché sono venuti e ognuno racconta le proprie cose. Quando raccontano per-
ché sono morti, Dio mostra loro tutti i loro peccati e impone loro la pena. (Tomšič,
1989, 126 (n° 92))
40