Page 42 - Studia Universitatis Hereditati, vol. 4(2) (2016)
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dia universitatis her editati, letnik 4 (2016), številk a 2 42cato a Diana la propria verginità, pregò la dea diDi Dori, impara a le sue spese, o bella,
difenderla dal giovane. Diana la trasformò in ac- À non insuperbire,
hereditatiqua, mentre Zeffiro col suo dolce vento, e Apol-Con tra Amor; tu che troppo
lo con la sua potenza, agitarono le onde del For- Di tua beltà sai de la schiva, tale
mione: e le piccole stille “mirabilmente fersi/ De le donne superbe è la mercede:
picciol globi di sale”. Tu gradisci il mio affetto, e mentre il giorno
Fè con la notte tregua,
Ma strano caso, à gli occhi suoi s’offerse: Silentio imporse al ragionar’, e tacque.25
Che la sua sospirata, Nel dramma pastorale il poeta oltre a rac-
À poco, à poco liquefarsi mira contare la storia dei due innamorati presenta una
In cristallino humore: descrizione molto accurata del paesaggio prima-
Dove Zeffiro, e’l Dio, che in Delo nacque verile lungo il corso del fiume Formione (odier-
La liquefatta Ninfa hor fatta linfa: no Risano) e rifacendosi all’esempio della ballata
Tanto insieme agitato di Angelo Poliziano I’ mi trovai, fanciulle presen-
L’un co’l soave vento ta tutti i fiori che ci sono nei prati che si trovano
De’ suoi dolci sospiri, lungo il corso del fiume. Anche qui però come
E l’altro co’l fervor de’ caldi raggi, nella ballata di Poliziano la rosa viene presentata
Che quelle picciol stille come la regina di tutti i fiori.
D’acqua, in virtù di Zeffiro, e di Febo,
Mirabilmente fersi Schierate in dolce, e vaga
Picciol globi di sale.24 Ordinanza amorosa,
Eurindo allora, aiutato da Nereidi, raccolse Armeggian le gentili margarite,
quei granelli che da quel giorno divennero con- Minuta plebe del fiorito suolo.
dimento del cibo. Alla fine del racconto di Mir- Trinzereggia, e circonda,
zio scende la sera e così si conclude pure la fiaba Tutto l’ameno giro in forma ovata,
del Brati. (Quasi siepe ben densa)
Se stupefatto, e fuore (Ove di più composti un misto appare)
Di sentimento, il giovine restasse Il Gelsomin, che sovra il verde stelo
À quel nuovo accidente, Di bel candor stelleggia.
Dicalo, chi per prova intende Amore Il vermiglio Amaranto,
Mà poiche’ l fin veduto E la gentil Mortella,
De la sua cara Dori, Nobilitar il vello
Il giovinetto assai doglioso habbe; Quinci, e quindi si vede:
Con le belle Nereide, Quegli in più rara schiera:
Quei sparsi grani in bella guisa accolse: Del proprio sangue imporporar l’arnese:
Che poi ne’ condimenti Questa di quello in numero maggiore,
De cibi universal cotanto piacque. In più spessa caterva,
Sovra la manca riva Con bel ordine accorto,
Del vago Formione, Parche con dolci, e care
Così mesto, e dolente, Amorose imboscate,
Favoleggiando ragionava Mirtio. A’ garruli Augelletti insidie porga;
Poscia rivolto a la sua bella Lidia, E parche il Croco innamorato, e vago,
Tal’ei le prese à dire. À lo spuntar della diurna luce,
Mira, Ninfa crudele, Vibri in difesa de’ fioretti imbelli;
Et hor del caso acerbo Incontra il caldo Sol vampo di foco.

24 Giovan Battista Brati, La ninfa del Formione, 13. 25 Giovan Battista Brati, La ninfa del Formione, 13-14.
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