Page 49 - Studia Universitatis Hereditati, vol 7(2) (2019)
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ia universitatisdursi a fissità nelle maschere che ne derivano, versificazione di accenti e idiomi si intensifica at-
come il senex libidinoso), destinato a morire sot- traverso la mimesi ipercorretta, precipitata in
plurilinguismo tr a adattamenti, fr aintendimenti, parodie, da ruzante a tar antino, nella scena 49 to i colpi di Bilora stesso, ubriaco per prepararsi macchina buffonesca, grazie alla recita, operata
alla vendetta che dovrebbe restituirgli un risibile dal povero Ruzante, travestito nell’assemblaggio
onore. Ne La Moscheta, ci imbattiamo in un di ruoli forestieri, tra lo studente napoletano e il
quartetto di personaggi, oltre al villano prolo- soldato di ventura spagnoleggiante14, nella gran-
ghista10 e ad una vicina di scorcio. Il trio, inurba- de mouse trap del secondo atto. Qui il contadino,
to nei sobborghi di Padova e costituito da Ru- dietro il suggerimento dell’astuto Menato nei
zante, Betía e dal loro compare Menato, legato panni di un villico Iago, regista della scena meta
da un disinvolto libertinismo rurale, viene com- teatrale, vuol saggiare la fedeltà coniugale della
pletato dal soldato Tonin, con cui, specie i ma- consorte. Alle prese con una lingua altra, per
schi, entrano in collisione. A sua volta il duali- rendere lo studente “de la Talia, pulitàn” (Ru-
smo pavano-bergamasco attiva il consueto gioco zante, 1967, 619), e poi il soldato smargiasso e
di intarsi fonici, specie nei frequenti alterchi, an- spagnoleggiante, assembla iperboli e ridondanze
che professionali, tra contadino e soldato, tra re- relative alle forme pronominali “Sapítilo perché
ciproche accuse di “vilan” e di “megiolaro”11, ov- no me cognosseti lo io mi?”, tra la collocazione a
vero di portaceste. E non si dimentichi che nel sproposito del suffisso “ano”, la declinazione del
carattere di facchino, poi villano arruolato, si an- verbo alla terza plurale, assente nel veneto, e il
nidano indubbie premesse figurali del futuro morfema “esse” a rendere la patina iberica. Da un
Zanni degli scenari, ovviamente privato del côtè lato allora “ben stàgano /…/ ve pàreno /…/ ve
bulesco che ancora virilizza il personaggio ru- dégnano”, e dall’altro “se volís essere las mias
zantino12. Così pure le ripetute zuffe a distanza morosas, ve daranos de los dinaros” (Ruzante,
tra Ruzante e Tonin implicano scambi di accuse 1967, 619). Salvo poi scoprire puntualmente la
reciproche a base di “poltron” e “valent’omo” leggerezza della moglie, ben disposta ad accoglie-
(Ruzante 1967, 649)13, consentendo altresì smot- re in casa per denaro il foresto. Perché nella guer-
tamenti etologici tra i due, con imitazioni sfasate ra le virtù domestiche non sono più moneta cor-
e palinodie comportamentali. Per cui l’uomo rente e spendibile. Da notare che questa
d’armi calcola e simula una codardìa di comodo, messinscena linguistica grazie agli spagnolismi
pur di non trascendere e non pregiudicarsi il rap- pare prefigurare una delle future maschere in
porto colla moglie del rivale. Dal canto suo, il auge nella imminente commedia dell’arte, ossia
contadino gioca a fare il “braoso”, attratto il Matamoro nelle varie denominazioni. Menato
dall’avversario, e si cimenta coll’asta in prove di che, rispetto alla coppia dei suoi protetti, può
aggressione da solo (come fa il collega Bilora, non vantare una condizione economica meno assilla-
fermandosi però alla simulazione) mentre va- ta dal bisogno, in quanto proprietario di “buò,
gheggia e minaccia un suo improvvisato arruola- vache, cavale, piègore, puorçi e scroe” (Ruzante
mento personale, nei modi e nelle forme a lui più (1967, 591), nel quinto atto costruisce un altro
convenienti. Ma, sempre ne La Moscheta, la di- play within play. Escogita l’incredibile spaesa-
mento del malcapitato Ruzante, riuscendo ad al-
10 Mi riferisco al prologo a stampa, che differisce da quello marcianeo lontanarlo da casa e poi a bastonarlo fino a tra-
e veronese. Su La Moscheta, indispensabile la recente edizione criti- mortirlo, salvo poi organizzare una pace armata
ca a cura di D’Onghia 2010. tra i contendenti e a godersi la donna. Ma la cita-
ta moltiplicazione degli idiomi in Ruzante15, re-
11 Questo vale specialmente per la scena terza del quarto atto. Sul si- lativa sia a cifre stilistiche che a vocabolari effet-
gnificato di megiolaro in quanto porta ceste Zorzi in Note a Ruzan-
te (1967, 1372-1373.) 14 Sulla confusione tra le due lingue Zorzi in Note a Ruzante (1967,
1405).
12 Sulla contrapposizione tra Ruzante e la commedia dell’arte, in gar-
bata polemica colle tesi svalutative di Zorzi nei riguardi del sistema 15 Utile, a tale proposito, Paccagnella 1998, 129-148.
complessivo degli scenari Taviani (1985, 73-81).
13 Significativo il fatto che entrambi i personaggi sono convinti che
l’altro di fatto non lavori.
come il senex libidinoso), destinato a morire sot- traverso la mimesi ipercorretta, precipitata in
plurilinguismo tr a adattamenti, fr aintendimenti, parodie, da ruzante a tar antino, nella scena 49 to i colpi di Bilora stesso, ubriaco per prepararsi macchina buffonesca, grazie alla recita, operata
alla vendetta che dovrebbe restituirgli un risibile dal povero Ruzante, travestito nell’assemblaggio
onore. Ne La Moscheta, ci imbattiamo in un di ruoli forestieri, tra lo studente napoletano e il
quartetto di personaggi, oltre al villano prolo- soldato di ventura spagnoleggiante14, nella gran-
ghista10 e ad una vicina di scorcio. Il trio, inurba- de mouse trap del secondo atto. Qui il contadino,
to nei sobborghi di Padova e costituito da Ru- dietro il suggerimento dell’astuto Menato nei
zante, Betía e dal loro compare Menato, legato panni di un villico Iago, regista della scena meta
da un disinvolto libertinismo rurale, viene com- teatrale, vuol saggiare la fedeltà coniugale della
pletato dal soldato Tonin, con cui, specie i ma- consorte. Alle prese con una lingua altra, per
schi, entrano in collisione. A sua volta il duali- rendere lo studente “de la Talia, pulitàn” (Ru-
smo pavano-bergamasco attiva il consueto gioco zante, 1967, 619), e poi il soldato smargiasso e
di intarsi fonici, specie nei frequenti alterchi, an- spagnoleggiante, assembla iperboli e ridondanze
che professionali, tra contadino e soldato, tra re- relative alle forme pronominali “Sapítilo perché
ciproche accuse di “vilan” e di “megiolaro”11, ov- no me cognosseti lo io mi?”, tra la collocazione a
vero di portaceste. E non si dimentichi che nel sproposito del suffisso “ano”, la declinazione del
carattere di facchino, poi villano arruolato, si an- verbo alla terza plurale, assente nel veneto, e il
nidano indubbie premesse figurali del futuro morfema “esse” a rendere la patina iberica. Da un
Zanni degli scenari, ovviamente privato del côtè lato allora “ben stàgano /…/ ve pàreno /…/ ve
bulesco che ancora virilizza il personaggio ru- dégnano”, e dall’altro “se volís essere las mias
zantino12. Così pure le ripetute zuffe a distanza morosas, ve daranos de los dinaros” (Ruzante,
tra Ruzante e Tonin implicano scambi di accuse 1967, 619). Salvo poi scoprire puntualmente la
reciproche a base di “poltron” e “valent’omo” leggerezza della moglie, ben disposta ad accoglie-
(Ruzante 1967, 649)13, consentendo altresì smot- re in casa per denaro il foresto. Perché nella guer-
tamenti etologici tra i due, con imitazioni sfasate ra le virtù domestiche non sono più moneta cor-
e palinodie comportamentali. Per cui l’uomo rente e spendibile. Da notare che questa
d’armi calcola e simula una codardìa di comodo, messinscena linguistica grazie agli spagnolismi
pur di non trascendere e non pregiudicarsi il rap- pare prefigurare una delle future maschere in
porto colla moglie del rivale. Dal canto suo, il auge nella imminente commedia dell’arte, ossia
contadino gioca a fare il “braoso”, attratto il Matamoro nelle varie denominazioni. Menato
dall’avversario, e si cimenta coll’asta in prove di che, rispetto alla coppia dei suoi protetti, può
aggressione da solo (come fa il collega Bilora, non vantare una condizione economica meno assilla-
fermandosi però alla simulazione) mentre va- ta dal bisogno, in quanto proprietario di “buò,
gheggia e minaccia un suo improvvisato arruola- vache, cavale, piègore, puorçi e scroe” (Ruzante
mento personale, nei modi e nelle forme a lui più (1967, 591), nel quinto atto costruisce un altro
convenienti. Ma, sempre ne La Moscheta, la di- play within play. Escogita l’incredibile spaesa-
mento del malcapitato Ruzante, riuscendo ad al-
10 Mi riferisco al prologo a stampa, che differisce da quello marcianeo lontanarlo da casa e poi a bastonarlo fino a tra-
e veronese. Su La Moscheta, indispensabile la recente edizione criti- mortirlo, salvo poi organizzare una pace armata
ca a cura di D’Onghia 2010. tra i contendenti e a godersi la donna. Ma la cita-
ta moltiplicazione degli idiomi in Ruzante15, re-
11 Questo vale specialmente per la scena terza del quarto atto. Sul si- lativa sia a cifre stilistiche che a vocabolari effet-
gnificato di megiolaro in quanto porta ceste Zorzi in Note a Ruzan-
te (1967, 1372-1373.) 14 Sulla confusione tra le due lingue Zorzi in Note a Ruzante (1967,
1405).
12 Sulla contrapposizione tra Ruzante e la commedia dell’arte, in gar-
bata polemica colle tesi svalutative di Zorzi nei riguardi del sistema 15 Utile, a tale proposito, Paccagnella 1998, 129-148.
complessivo degli scenari Taviani (1985, 73-81).
13 Significativo il fatto che entrambi i personaggi sono convinti che
l’altro di fatto non lavori.