Page 60 - Studia Universitatis Hereditati, vol 7(2) (2019)
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dia universitatis her editati, letnik 7 (2019), številk a 2 60Per Dones abbandonare il paese è statatramite una pletora di comunicati contraddit-
un’avventura diversa. Vive la dittatura da una di- tori trasmessi da Radio Tirana, presentava come
hereditativersa posizione sociale e viene trascinata nell’av-“malviventi e teppisti” e definiva la loro evasio-
ventura della grande fuga da un diverso punto di ne in massa come un gesto di disturbo e mira-
collocazione geografica rispetto a Kubati. La sua to a confondere la situazione in Albania. La sera
è la storia di Klea Borova, operatrice della tele- dell’irruzione degli albanesi nelle ambasciate lei
visione di Stato, di alto profilo pubblico, madre, si trovava a Locarno, al concerto di Andreas Vol-
non adeguata però alle direttive socialiste del so- lenweider, che seguiva con occhi sprofondati nel-
cialismo in quanto divorziata, donna dall’aspet- la “penombra delle strade di Tirana”, afflitta dal
to e con vestiti appariscenti nell’Albania anni panico che si trasformava in lacrime e parole di-
Ottanta di Enver Hoxha. Durante un privilegia- sconnesse.
to e brevissimo viaggio di lavoro scopre il mondo
lontano dall’oppressione, illuminato da un rag- [..] Klea si dimenticò che quel giorno lo ave-
gio improvviso di luce, quale è la Danimarca, che va sognato per anni. Dimenticò che anche
la incanta con la varietà e l’abbondanza dei cibi, lei, una fine di ottobre, aveva fatto lo stesso,
con gente vera e priva di complessi, con la liber- era scappata, aveva creduto nella fuga come
tà di scegliere i libri, la libertà di espressione, so- via di salvezza, come viale della vittoria. Ora
prattutto, con i riccioli del giornalista italo-sviz- si sforzava di immaginare il primo albanese
zero Yves Montalban. Diventa lui motivo di vita che aveva avuto il coraggio di scavalcare il
e di professione, destinatario di una corrispon- muro dell’ambasciata, di quale ambasciata?
denza formale (finge di scrivergli cartoline), de- Voleva sapere chi era stato il primo e che fac-
dicatario di un diario in inglese nascosto sotto cia aveva, e come si chiamava e in quale am-
il materasso per tenerlo all’insaputa dei genito- basciata aveva voluto sbattere il suo sacco di
ri, perfino del figlio affinché non possa pensar- sofferenze e chi aveva lasciato a casa e se lo
ne l’esistenza. sapeva la madre che lui se ne stava andando
e se aveva pensato che lui poteva anche mori-
Una seconda inaspettata occasione in cui le re in quell’anelito di libertà (Dones 1998, 258).
viene proposto di andare all’estero, nell’Italia di
fronte questa volta, a Milano, introduce il mo- La nevrosi del successo
mento giusto per telefonare a Ives che raggiun-
ge in un paio di ore, un suo sguardo che vale mil- Il modo nel quale l’emigrante abbandona la terra
le parole basta per salire in macchina e rifugiarsi nativa gli dà qualcosa dello splendore di un eroe.
nella Svizzera italiana, senza farsene prima un’i- Così si sentivano i connazionali di Kubati quan-
dea, senza bagagli, provocando il suo dramma, do sbarcavano sulle coste italiane nel 1991, per-
l’abbandono del piccolo figlio Anthony e della ché avevano sfidato il regime, ed a loro parere
famiglia in Albania. Lei che si era opposta quo- l’Occidente li avrebbe dovuti risarcire delle sof-
tidianamente al regime con le sue maniere e at- ferenze subite. L’emigrante si sente una creatu-
titudini, ora segue da lontano la caduta del re- ra fragile nel suo vivere, confusa ed a volte anche
gime, aspetta impaziente le notizie diffuse dalle ridicola. Nella sua psiche succedono molte cose.
agenzie di stampa dell’Occidente. Le Monde, Paura, riluttanza, violenza della fuga e del primo
La Repubblica, tutti i quotidiani europei si era- contatto con un paese sconosciuto, ira, nostal-
no accorti fortuitamente dell’Albania. Secondo gia della patria e, allo stesso tempo, sua negazio-
questi centinaia di albanesi avevano fatto irru- ne, sensi di colpa e rabbia risiedono nell’anima
zione nelle ambasciate straniere a Tirana, quel- dell’emigrante. La reazione più istintiva è il si-
le dei paesi dell’Occidente ma anche quelle dei lenzio. L’emigrante è un essere complicato, si cir-
paesi dell’Est. Quelle centinaia erano in real- conda di insicurezza, per cui non cede alla narra-
tà cinquemila persone che il governo albanese, zione. Si sente esposto al rifiuto, all’indifferenza,
non protetto, sfruttato. Ragiona tra sé e si con-
un’avventura diversa. Vive la dittatura da una di- tori trasmessi da Radio Tirana, presentava come
hereditativersa posizione sociale e viene trascinata nell’av-“malviventi e teppisti” e definiva la loro evasio-
ventura della grande fuga da un diverso punto di ne in massa come un gesto di disturbo e mira-
collocazione geografica rispetto a Kubati. La sua to a confondere la situazione in Albania. La sera
è la storia di Klea Borova, operatrice della tele- dell’irruzione degli albanesi nelle ambasciate lei
visione di Stato, di alto profilo pubblico, madre, si trovava a Locarno, al concerto di Andreas Vol-
non adeguata però alle direttive socialiste del so- lenweider, che seguiva con occhi sprofondati nel-
cialismo in quanto divorziata, donna dall’aspet- la “penombra delle strade di Tirana”, afflitta dal
to e con vestiti appariscenti nell’Albania anni panico che si trasformava in lacrime e parole di-
Ottanta di Enver Hoxha. Durante un privilegia- sconnesse.
to e brevissimo viaggio di lavoro scopre il mondo
lontano dall’oppressione, illuminato da un rag- [..] Klea si dimenticò che quel giorno lo ave-
gio improvviso di luce, quale è la Danimarca, che va sognato per anni. Dimenticò che anche
la incanta con la varietà e l’abbondanza dei cibi, lei, una fine di ottobre, aveva fatto lo stesso,
con gente vera e priva di complessi, con la liber- era scappata, aveva creduto nella fuga come
tà di scegliere i libri, la libertà di espressione, so- via di salvezza, come viale della vittoria. Ora
prattutto, con i riccioli del giornalista italo-sviz- si sforzava di immaginare il primo albanese
zero Yves Montalban. Diventa lui motivo di vita che aveva avuto il coraggio di scavalcare il
e di professione, destinatario di una corrispon- muro dell’ambasciata, di quale ambasciata?
denza formale (finge di scrivergli cartoline), de- Voleva sapere chi era stato il primo e che fac-
dicatario di un diario in inglese nascosto sotto cia aveva, e come si chiamava e in quale am-
il materasso per tenerlo all’insaputa dei genito- basciata aveva voluto sbattere il suo sacco di
ri, perfino del figlio affinché non possa pensar- sofferenze e chi aveva lasciato a casa e se lo
ne l’esistenza. sapeva la madre che lui se ne stava andando
e se aveva pensato che lui poteva anche mori-
Una seconda inaspettata occasione in cui le re in quell’anelito di libertà (Dones 1998, 258).
viene proposto di andare all’estero, nell’Italia di
fronte questa volta, a Milano, introduce il mo- La nevrosi del successo
mento giusto per telefonare a Ives che raggiun-
ge in un paio di ore, un suo sguardo che vale mil- Il modo nel quale l’emigrante abbandona la terra
le parole basta per salire in macchina e rifugiarsi nativa gli dà qualcosa dello splendore di un eroe.
nella Svizzera italiana, senza farsene prima un’i- Così si sentivano i connazionali di Kubati quan-
dea, senza bagagli, provocando il suo dramma, do sbarcavano sulle coste italiane nel 1991, per-
l’abbandono del piccolo figlio Anthony e della ché avevano sfidato il regime, ed a loro parere
famiglia in Albania. Lei che si era opposta quo- l’Occidente li avrebbe dovuti risarcire delle sof-
tidianamente al regime con le sue maniere e at- ferenze subite. L’emigrante si sente una creatu-
titudini, ora segue da lontano la caduta del re- ra fragile nel suo vivere, confusa ed a volte anche
gime, aspetta impaziente le notizie diffuse dalle ridicola. Nella sua psiche succedono molte cose.
agenzie di stampa dell’Occidente. Le Monde, Paura, riluttanza, violenza della fuga e del primo
La Repubblica, tutti i quotidiani europei si era- contatto con un paese sconosciuto, ira, nostal-
no accorti fortuitamente dell’Albania. Secondo gia della patria e, allo stesso tempo, sua negazio-
questi centinaia di albanesi avevano fatto irru- ne, sensi di colpa e rabbia risiedono nell’anima
zione nelle ambasciate straniere a Tirana, quel- dell’emigrante. La reazione più istintiva è il si-
le dei paesi dell’Occidente ma anche quelle dei lenzio. L’emigrante è un essere complicato, si cir-
paesi dell’Est. Quelle centinaia erano in real- conda di insicurezza, per cui non cede alla narra-
tà cinquemila persone che il governo albanese, zione. Si sente esposto al rifiuto, all’indifferenza,
non protetto, sfruttato. Ragiona tra sé e si con-