Page 63 - Hrobat Virloget, Katja, Kavrečič, Petra, eds. (2015). Il paesaggio immateriale del Carso. Založba Univerze na Primorskem, Koper.
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fiabe e racconti di dutovlje e dintorni nell’annotazione di lovro žvab
Il bambino dice loro: »Devo riempire d’acqua questi barilotti in quella sorgente che
scorre lungo il pendio«; i banditi gli dicono di dare a loro i barilotti, perché li avrebbero
rimpiti loro con l’acqua. I banditi iniziarono a piangere e riempirono i barilotti con le loro lacri-
me; allora si sente il bambino che dice loro: »Fortunati voi ed io con voi, perché siete miei
fratelli!« Portarono a benedire dal prete quei tre barilotti pieni di lacrime e tutti e
quattro volarono in cielo.
Racconti di questo tipo sono diffusi nella tradizione slovena ma anche europea, seb-
bene non s’inseriscano in un modello fiabesco internazionale autonomo. La più vicina a
questi è la leggenda ATU 769 »Il bambino con il boccale di lacrime« (»The Child’s Gra-
ve«), nella quale l’anima del bambino defunto comunica alla madre di smettere di piange-
re per lui, che a causa del suo pianto è costretto a reggere un boccale pesante, in cui deve
raccogliere tutte le lacrime, e perciò non trova pace.
Mentre le leggende menzionate danno risalto alla penitenza per la redenzione e alla
forza salvifica dello spirito di un bambino innocente per la redenzione di grandi pecca-
tori, altre leggende e racconti mitici di Žvab sono indirizzati a raffigurare la malvagità del
demonio.
Così il demonio causa una sventura nel racconto n° 15 »Quando il diavolo non può,
manda baba (la vecchia)«, che è internazionalmente diffusa e si inserisce nel modello fia-
besco ATU 1177. Il demonio si sforza in ogni modo di suscitare l’odio tra due coniugi amo-
revoli, ma non ci riesce; invia allora una baba che lo faccia al posto suo. Naturalmente la
perfida pettegola vi riesce e la storia si conclude tristemente, col marito geloso che colpi-
sce la moglie, che gli voleva tagliare la barba, in modo così forte da farla accasciare a ter-
ra morta.
Che la parlantina e la lingua tagliente della baba siano proverbiali, lo raccontano an-
che le immagini sui frontoni d’arnia del XIX e XX sec., dove spesso vi è rappresentato il
diavolo che affila la lingua della baba.
È internazionalmente conosciuto anche il racconto »La strega ferrata«, che è diffu-
so non solo in prosa ma anche come canto popolare. Nei Canti popolari sloveni (Slovenske
ljudske pesmi) sono pubblicati due esempi di questo canto, uno persino con la melodia
(SNP I/30). Tra i racconti di Žvab è stata annotata una variante in prosa: la n° 8 »Il dia-
volo tormenta la cuoca del prete«, col demonio che questa volta non conduce la cavalla
alla bottega del fabbro ma al mulino. Il diavolo, ovvero un uomo sconosciuto su una caval-
la bianca porta da Avber al mulino a Raša sei sacchi di grano […] Il diavolo accende il fuoco, il
mugnaio impasta la focaccia […]
Il mugnaio scopre che la cavalla bianca non è un cavallo, ma la sua comare, quando
le porta la brace:
[…] dopodiché carica la brace e ordina al mugnaio di portarla nella stalla, perché
la mangiasse e così capisse, come si sentono i poveri, visto che spesso buttava gli
avvanzi dell’arrosto e del pane invece di regalarli ai poveri. Il mugnaio porta alla caval-
la le braci, ma lei lo guarda con dolcezza e comincia a parlare: »Eh, compare, non fate così con
me, no, perché sono vostra comare e servo dal prete ad Avber!«
Già Reinhold Köhler aveva constatato che questa storia era molto diffusa nel mon-
do celtico, germanico, romanzo e slavo (1898, 220). Mirjam Mencej inserisce racconti di
questo tipo fra i racconti di migrazione secondo la classificazione dei racconti migrato-
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Il bambino dice loro: »Devo riempire d’acqua questi barilotti in quella sorgente che
scorre lungo il pendio«; i banditi gli dicono di dare a loro i barilotti, perché li avrebbero
rimpiti loro con l’acqua. I banditi iniziarono a piangere e riempirono i barilotti con le loro lacri-
me; allora si sente il bambino che dice loro: »Fortunati voi ed io con voi, perché siete miei
fratelli!« Portarono a benedire dal prete quei tre barilotti pieni di lacrime e tutti e
quattro volarono in cielo.
Racconti di questo tipo sono diffusi nella tradizione slovena ma anche europea, seb-
bene non s’inseriscano in un modello fiabesco internazionale autonomo. La più vicina a
questi è la leggenda ATU 769 »Il bambino con il boccale di lacrime« (»The Child’s Gra-
ve«), nella quale l’anima del bambino defunto comunica alla madre di smettere di piange-
re per lui, che a causa del suo pianto è costretto a reggere un boccale pesante, in cui deve
raccogliere tutte le lacrime, e perciò non trova pace.
Mentre le leggende menzionate danno risalto alla penitenza per la redenzione e alla
forza salvifica dello spirito di un bambino innocente per la redenzione di grandi pecca-
tori, altre leggende e racconti mitici di Žvab sono indirizzati a raffigurare la malvagità del
demonio.
Così il demonio causa una sventura nel racconto n° 15 »Quando il diavolo non può,
manda baba (la vecchia)«, che è internazionalmente diffusa e si inserisce nel modello fia-
besco ATU 1177. Il demonio si sforza in ogni modo di suscitare l’odio tra due coniugi amo-
revoli, ma non ci riesce; invia allora una baba che lo faccia al posto suo. Naturalmente la
perfida pettegola vi riesce e la storia si conclude tristemente, col marito geloso che colpi-
sce la moglie, che gli voleva tagliare la barba, in modo così forte da farla accasciare a ter-
ra morta.
Che la parlantina e la lingua tagliente della baba siano proverbiali, lo raccontano an-
che le immagini sui frontoni d’arnia del XIX e XX sec., dove spesso vi è rappresentato il
diavolo che affila la lingua della baba.
È internazionalmente conosciuto anche il racconto »La strega ferrata«, che è diffu-
so non solo in prosa ma anche come canto popolare. Nei Canti popolari sloveni (Slovenske
ljudske pesmi) sono pubblicati due esempi di questo canto, uno persino con la melodia
(SNP I/30). Tra i racconti di Žvab è stata annotata una variante in prosa: la n° 8 »Il dia-
volo tormenta la cuoca del prete«, col demonio che questa volta non conduce la cavalla
alla bottega del fabbro ma al mulino. Il diavolo, ovvero un uomo sconosciuto su una caval-
la bianca porta da Avber al mulino a Raša sei sacchi di grano […] Il diavolo accende il fuoco, il
mugnaio impasta la focaccia […]
Il mugnaio scopre che la cavalla bianca non è un cavallo, ma la sua comare, quando
le porta la brace:
[…] dopodiché carica la brace e ordina al mugnaio di portarla nella stalla, perché
la mangiasse e così capisse, come si sentono i poveri, visto che spesso buttava gli
avvanzi dell’arrosto e del pane invece di regalarli ai poveri. Il mugnaio porta alla caval-
la le braci, ma lei lo guarda con dolcezza e comincia a parlare: »Eh, compare, non fate così con
me, no, perché sono vostra comare e servo dal prete ad Avber!«
Già Reinhold Köhler aveva constatato che questa storia era molto diffusa nel mon-
do celtico, germanico, romanzo e slavo (1898, 220). Mirjam Mencej inserisce racconti di
questo tipo fra i racconti di migrazione secondo la classificazione dei racconti migrato-
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