Page 65 - Hrobat Virloget, Katja, Kavrečič, Petra, eds. (2015). Il paesaggio immateriale del Carso. Založba Univerze na Primorskem, Koper.
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fiabe e racconti di dutovlje e dintorni nell’annotazione di lovro žvab
nello stesso posto, ma solo dopo un anno (Kropej, 1995, 143). Secondo Leopold Schmi-
dt, il motivo della costola inserita si è formato sul modello del mito greco di Pelope, che
suo padre Tantalo aveva scannato e offerto come cibo agli dei. Questi si resero conto del
delitto e fecero risuscitare Pelope, Demetra però aveva già mangiato una sua spalla, per-
tanto gli dei la sostituirono con un osso d’avorio (Schmidt, 1951).
Le rappresentazioni di incontri tra maghi agli incroci hanno radici già nella mitolo-
gia greca sulla dea Ecate, una dea originaria dell’Asia Minore. In età ellenistica aveva as-
sunto il carattere di una dea ctonia, della paura e della stregoneria. Era la dea delle stre-
ghe e agli incorci le portavano le vittime sacrificali. Il suo ruolo venne rimpiazzato dalla
dea greca Artemide, Diana per i Romani, e questo culto, a cui erano devote le donne, si
propagò soprattutto nell’Europa meridionale. In Romania, le ‚società segrete di Călușari‘,
erano un residuo del culto di Artemide/Diana. Eliade (1999, 149) vede in questi e in simi-
li aspetti rituali i predecessori e i modelli per il concetto successivo di shabbat (Sabbath).
Quando, con il decreto di papa Innocenzo VIII del 1484, nella concezione della ma-
gia si giunse a un cambiamento decisivo, i maghi e le streghe non erano solamente perso-
ne che praticavano la magia, ma cominciarono ad essere considerati membri di congre-
ghe collegate con il demonio (Mencej, 2006, 21). Questo aveva segnato fortemente anche
la tradizione popolare della magia, favorendo la nascita di numerosi racconti che collega-
vano maghi e streghe col mondo infernale e con l’eresia. Condanne di questo tipo si sono
conservate anche nella tradizione riguardante la cosidetta stregoneria »di villaggio« ov-
vero »di vicinato«, quando le persone iniziarono ad incolpare di un danno o di un inciden-
te qualcuno dei compaesani – di solito le donne. Questo tipo di magia compare in due
racconti di Žvab, che gli erano stati riferiti da Jože Rudež di Tupelče. La prima è la storia
n° 6, »Le streghe tra le nuvole«, in cui il fabbro di Kobjeglava, detto Tonderveter, quando
si preparava la tempesta, suonava sotto ovvero sulla nuvola le campane della chiesa, e al-
lora vedeva le streghe sopra le nuvole. Quando poi con un fucile sparava alle nuvole, sul-
la terra cadeva la strega, che produceva la grandine.
Il secondo racconto sulle »streghe del vicinato« è la storia n° 7, nella quale delle
donne sconosciute, incontrate da una compagnia di giovani di ritorno a casa da Trieste –
indussero uno di loro ad allontanarsi ed addentrarsi in un bosco vicino a Senožeče, in un
roveto, da dove solo due giorni dopo con fatica e tutto cencioso, con l’aiuto di persone
che gli indicarono la via di casa, riuscì a tornare di nuovo a Kobjeglava. In seguito incon-
trò la stessa ragazza a un ballo a Gorjansko, e durante il ballo lei gli intimò di non parla-
re mai più in quel modo, come anche di non tradirla, altrimenti lo avrebbe trasforamto
in polvere di sole. Come altri tabù che l’uomo non deve infrangere, anche la proibizio-
ne di pronunciare determinate parole, rappresenta un tabù nel mondo stregonesco ov-
vero fatato. La storia non racconta che cosa disse esattamente il giovane, sappiamo solo
che disse qualcosa di buffo.
Le altre storie parlano di tesori e di arricchimento ‚disonesto‘. Così nel racconto n°
18 tre uomini di Dutovlje a Ljuranj dol vicino a Dutovlje con l’aiuto dei »libri di Salomo-
ne« (Salamonove bukve) ovvero dei »libri di patate« (Krompirjeve bukve), come veniva-
no chiamati i libri magici o i »libro di Kolomon« (Kolomonove bukve), quando tracciaro-
no per terra e in aria un cerchio magico intorno a sé, provarono a sollevare un tesoro.
Nel racconto n° 19, da Roiano presso Trieste »un certo Francese, che già aveva cele-
brato la prima messa«, in certe varianti anche » il giovane religioso Italiano«, assieme a tre
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nello stesso posto, ma solo dopo un anno (Kropej, 1995, 143). Secondo Leopold Schmi-
dt, il motivo della costola inserita si è formato sul modello del mito greco di Pelope, che
suo padre Tantalo aveva scannato e offerto come cibo agli dei. Questi si resero conto del
delitto e fecero risuscitare Pelope, Demetra però aveva già mangiato una sua spalla, per-
tanto gli dei la sostituirono con un osso d’avorio (Schmidt, 1951).
Le rappresentazioni di incontri tra maghi agli incroci hanno radici già nella mitolo-
gia greca sulla dea Ecate, una dea originaria dell’Asia Minore. In età ellenistica aveva as-
sunto il carattere di una dea ctonia, della paura e della stregoneria. Era la dea delle stre-
ghe e agli incorci le portavano le vittime sacrificali. Il suo ruolo venne rimpiazzato dalla
dea greca Artemide, Diana per i Romani, e questo culto, a cui erano devote le donne, si
propagò soprattutto nell’Europa meridionale. In Romania, le ‚società segrete di Călușari‘,
erano un residuo del culto di Artemide/Diana. Eliade (1999, 149) vede in questi e in simi-
li aspetti rituali i predecessori e i modelli per il concetto successivo di shabbat (Sabbath).
Quando, con il decreto di papa Innocenzo VIII del 1484, nella concezione della ma-
gia si giunse a un cambiamento decisivo, i maghi e le streghe non erano solamente perso-
ne che praticavano la magia, ma cominciarono ad essere considerati membri di congre-
ghe collegate con il demonio (Mencej, 2006, 21). Questo aveva segnato fortemente anche
la tradizione popolare della magia, favorendo la nascita di numerosi racconti che collega-
vano maghi e streghe col mondo infernale e con l’eresia. Condanne di questo tipo si sono
conservate anche nella tradizione riguardante la cosidetta stregoneria »di villaggio« ov-
vero »di vicinato«, quando le persone iniziarono ad incolpare di un danno o di un inciden-
te qualcuno dei compaesani – di solito le donne. Questo tipo di magia compare in due
racconti di Žvab, che gli erano stati riferiti da Jože Rudež di Tupelče. La prima è la storia
n° 6, »Le streghe tra le nuvole«, in cui il fabbro di Kobjeglava, detto Tonderveter, quando
si preparava la tempesta, suonava sotto ovvero sulla nuvola le campane della chiesa, e al-
lora vedeva le streghe sopra le nuvole. Quando poi con un fucile sparava alle nuvole, sul-
la terra cadeva la strega, che produceva la grandine.
Il secondo racconto sulle »streghe del vicinato« è la storia n° 7, nella quale delle
donne sconosciute, incontrate da una compagnia di giovani di ritorno a casa da Trieste –
indussero uno di loro ad allontanarsi ed addentrarsi in un bosco vicino a Senožeče, in un
roveto, da dove solo due giorni dopo con fatica e tutto cencioso, con l’aiuto di persone
che gli indicarono la via di casa, riuscì a tornare di nuovo a Kobjeglava. In seguito incon-
trò la stessa ragazza a un ballo a Gorjansko, e durante il ballo lei gli intimò di non parla-
re mai più in quel modo, come anche di non tradirla, altrimenti lo avrebbe trasforamto
in polvere di sole. Come altri tabù che l’uomo non deve infrangere, anche la proibizio-
ne di pronunciare determinate parole, rappresenta un tabù nel mondo stregonesco ov-
vero fatato. La storia non racconta che cosa disse esattamente il giovane, sappiamo solo
che disse qualcosa di buffo.
Le altre storie parlano di tesori e di arricchimento ‚disonesto‘. Così nel racconto n°
18 tre uomini di Dutovlje a Ljuranj dol vicino a Dutovlje con l’aiuto dei »libri di Salomo-
ne« (Salamonove bukve) ovvero dei »libri di patate« (Krompirjeve bukve), come veniva-
no chiamati i libri magici o i »libro di Kolomon« (Kolomonove bukve), quando tracciaro-
no per terra e in aria un cerchio magico intorno a sé, provarono a sollevare un tesoro.
Nel racconto n° 19, da Roiano presso Trieste »un certo Francese, che già aveva cele-
brato la prima messa«, in certe varianti anche » il giovane religioso Italiano«, assieme a tre
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