Page 80 - Hrobat Virloget, Katja, Kavrečič, Petra, eds. (2015). Il paesaggio immateriale del Carso. Založba Univerze na Primorskem, Koper.
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il paesaggio immateriale del carso

quattro portatori erano stanchi... era il caso di riposare, facevano una breve sosta e il prete pre-
gava« (Marija Silvana Kalc, 3.7.2014).

Il significato simbolico della tradizione di Gropada, a differenza della maggioranza
degli altri luoghi di »mrtva počivala« o di sosta con i morti indicati solo con una pietra, un
albero o un incrocio, è evidenziato con le parole incise in sloveno: »Qui sostano i cortei fu-
nebri coi defunti di Gropada« (Tukaj počivajo pogrebci s pokojnimi iz Gropade).

La sosta su questi luoghi rituali non è attribuibile alla stanchezza fisica dei necrofo-
ri, piuttosto all’usanza, alla tradizione, come racconta l’interlocutrice intervistata sul luo-
go di Mrtva počivala (Sosta dei morti) di Brestovica: »Anche se non c’era bisogno, là si fer-
mavano sempre. Questa era l’usanza, antica, e per quanto ne so, si fermavano là« (Hrobat,
2010a, 114).

Sul Carso, i luoghi dove ci si fermava col defunto, dove veniva posto a terra, dove si
recitavano le preghiere per lui e si sostituivano i portatori del feretro, erano chiamati in
diversi modi: Mrtva o Mrtvaška počivala, Mrtvaški hrib, Mrtvaški breg, Počivala, Križen
drev (Sosta dei morti, Colle dei morti, Riva dei morti, Sosta, Albero della croce). Per non fare
confusione a causa di diverse denominazioni, erano chiamati »mrtva počivala« (in ita-
liano sosta dei morti), secondo i microtoponimi locali a Orlek e a Brestovica (Hrobat,
2010a, 107–119; Hrobat, 2010b). Per il simbolismo della sosta rituale con il defunto, »mr-
tva počivala« ricordano la tradizione dei mirila nei Balcani (Croazia, Bosnia-Erzegovina,
Montenegro) e »gli alberi o boschi croce« della tradizione karsikko nel Baltico (Estonia,
Finlandia), sebbene le tradizioni dei mirila e di karsikko si siano trasformate in veri monu-
menti funebri per le anime dei singoli defunti (Katić, 2012; Vilkuna, 1993).

L’analisi spaziale ha dimostrato che, nella maggioranza dei casi, la »mrtva počiv-
ala« si trovavano lungo i confini catastali. Alcuna »mrtva počivala« erano collocata anche
presso l’acqua (Hrobat, 2010a, 108–116), elemento che rappresenta però una rarità sul
Carso. Riguardo l’acqua, Mirjam Mencej ha illustrato che, nelle concezioni religiose sla-
ve, essa agiva come mediatrice tra il mondo dei vivi e quello dei morti (Mencej, 1997, 131–
43). È quindi possibile concludere che anche i confini catastali, sui quali si concentravano
le tradizioni sul sovrannaturale e sui quali si trovavano i luoghi di culto dei percorsi dei de-
funti, svolgevano un ruolo analogo di mediazione con l’aldilà. Come viene presentato da
Mencej, nella tradizione di ritorno del corteo funebre attraverso l’acqua (Mencej, 1997,
131–143) anche nel caso della sosta lungo i confini catastali probabilmente non si tratta di
inganno a sfavore dei defunti, affinché non potessero trovare la strada di casa dal territo-
rio di un mondo »estraneo«, di un altro villaggio o dall’aldilà, quanto piuttosto di un aiu-
to al trapassato nel suo transito verso il mondo dei morti in quei luoghi dove si può cre-
are un varco per l’aldilà.

Il fenomeno di »mrtva počivala« può essere chiarito con la teoria di van Gennep sui
rites de passage che regolavano i passaggi tra differenti status sociali nella vita degli uomi-
ni, nei confini temporali e nei territori. I passaggi di confine e delle soglie erano contrasse-
gnati da riti, per esempio di passaggio dei confini territoriali, che erano indicate da strut-
ture particolari o divinità (Hrobat, 2010a, 62–64).

Sia le tradizioni folkloristiche come le attività rituali su o lungo i confini catastali in-
dicano che i confini non avevano solo ruoli funzionali di distinzione tra »domestico« ed
»estraneo« ma anche di »estraneo« come appartenente all’altro mondo, sovrannatura-
le (Hrobat, 2009). I confini della comunità di villaggio si potrebbero definire con la parola

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